lunedì 4 agosto 2014

Giorno 7

Istanbul, 3 agosto 2014

Eccoci in Turchia, eccoci ad Istanbul. Salutiamo il resto della brigata, costretti per ora ad accantonare il sogno di sposare una koreana. Non solo è domenica, ma è anche praticamente l’alba quindi fatichiamo un po’ a trovare un posto aperto per ricaricare i telefoni, misura necessaria per prenotare l’ostello. Abbiamo deciso che staremo qui due notti per goderci a pieno la città e ricaricare un po’ le batterie. Dopo qualche esitazione prenotiamo una camera al Taz-Mania Hostel, economico ma situato nel quartiere di Besiktas, piuttosto lontano dal centro. Sperimentiamo il meraviglioso sistema a gettoni per l’accesso al tram. Giunti al capolinea dobbiamo percorrere un paio di chilometri a piedi e questo ci dà modo di dare un’occhiata alla città. Superiamo una Moschea e lo Stadio del Besiktas prima di infilarci in un intricato groviglio di viuzze piene di negozi, pasticcerie e bar. E’ tutto maledettamente in salita e abbandoniamo il progetto originario di affittare delle biciclette.
L’arrivo all’ostello, però, non è dei migliori, con la tizia che lo gestisce pronta ad informarci che non possiamo fare il check-in prima delle 13. Ci permette, comunque, di lasciare gli zaini e decidiamo di fare un primo giro quantomeno del quartiere. Proviamo a raggiungere piazza Taksim, ma presto ci accorgiamo che la strada da fare è troppa e il sole troppo caldo. Ripieghiamo nelle stradine vicino all’ostello, trovando anche un buon posto dove pranzare. Finito il pasto mancano ancora una quarantina di minuti alle 13 e pensiamo bene di addormentarci sullo stesso tavolino su cui ci siamo sfamati. E’ tutto bellissimo.
Alle 13.00, puntuali come la morte, torniamo all’ostello per fare il dannato check-in. Ci fanno togliere le scarpe all’ingresso munendoci di scomodissime ciabatte apparentemente di carta ma di fatto indistruttibili. Ci piazzano in un dormitorio da 6, ma c’è qualcosa che non va: noi avevamo prenotato la stanza da tre. Lo facciamo presente ai cari gestori del Taz-Mania che provvedono a sistemare la stanza giusta per noi.
Siamo letteralmente distrutti. Ci spogliamo degli abiti zozzi e sudati e, uno alla volta s’intende, ci facciamo una doccia che non scorderemo facilmente. Dopo le abluzioni, il riposo: l’abbiocco sale velocemente e altrettanto velocemente scendono le palpebre.
Ci risvegliamo tirati a lucido e usciamo a visitare la città. Ci fermiamo nella Moschea intravista all’andata e la forte spiritualità del luogo ci pervade immediatamente, trasmettendoci contemporaneamente migliaia di sensazioni che sembrano tessere un arazzo sacro: dal soffice tappeto sotto i nostri piedi nudi al canto dei musulmani in preghiera.
Arriviamo alla fermata e il tram ci porta a Sultanahmet, nel cuore della metropoli turca. E’ abbastanza tardi e tutto sta chiudendo l’accesso ai turisti. Individuiamo i posti di maggior interesse e rimandiamo a domani una visita più approfondita. Passeggiando nei giardini tra la Moschea Blu e Santa Sofia assaggiamo una specie di super caramella locale, un bello schifo a dirla tutta. Dopo il tramonto ci dirigiamo al porto dove consumiamo una cena incredibile: panino col pesce pescato a chilometri zero e succo di rapa acido con cetrioli. Ottimo il primo, stomachevole il secondo. Ma se la vita ti offre un accostamento del genere che fai, non lo provi?
Rinvigoriti dalla giornata distesa decidiamo di fare a meno del tram e torniamo in ostello a piedi.
Forse residui di stanchezza, o forse la voglia irrefrenabile di entrare ancora di più nell’anima di Istanbul: non lo sappiamo, ma in pochi minuti dormiamo come bambini.



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