lunedì 11 agosto 2014

Giorno 13

Timisoara, 9 agosto 2014

La seconda notte in treno passa scomoda quanto la prima. Ginocchia e schiene cominciano ad accusare le improbabili posizioni sperimentate nei tentativi di prendere sonno. 
Usciamo in strada senza sapere dove ci troviamo, né dove andare e sprovvisti di mappa alcuna seguiamo l'indicazione per "Centrum".  Seguendo un lungo stradone arriviamo fino alla Piazza della Vittoria, dove solo 25 anni fa ebbe iniziò la rivolta che portò all'esecuzione di Ceausescu e alla liberazione dal regime comunista. Per la seconda volta ci troviamo di fronte ad un palco, ma lì per lì lo ignoriamo rivolgendo i nostri occhi all'imponente cattedrale ortodossa in fondo alla piazza. Tra noi e l'edificio sacro, inoltre, notiamo non senza sorpresa una colonna sovrastata dalla lupa romana con tanto di gemelli. Facciamo colazione approfittandone anche per una lavata di denti molto gradita. 
Zaini in spalla ci dirigiamo al vicino Tourist Info Point, dove una gentile signora ci suggerisce un itinerario della città e ci informa circa il programma odierno del festival culturale cittadino (ricordate il palco visto in piazza?), che prevede una giornata dedicata al folklore catalano. Bomba. Le chiediamo se conosce un posto che ci consenta, per qualche ora, di liberarci del peso degli zaini. Ecco qui che la signora ci dà un pacco di mappe di Timisoara e ci chiede di recapitarle ad un vicino ostello che, a suo dire, ci permetterà di lasciargli in deposito i nostri fardelli. 
Tutto fila liscio e dopo aver lasciato le cartine e gli zaini ("i zaini" secondo autorevoli fonti  linguistiche vicine a Vitinia) ad un simpatico personaggio, ci apprestiamo a visitare la città. 
Cominciamo con Piazza della Libertà, chiedendoci se forse non sia questa la piazza che ha dato i natali alla squadra di Formello, ma purtroppo la troviamo completamente sotto sopra per via di grossi lavori di ristrutturazione. Copione destinato, però, a ripetersi anche nella tappa successiva, Piazza dell'Unità, completamente inagibile. Mai domi, comunque, aggiriamo il cantiere per giungere alla chiesa cattolica di San Giorgio, al lato opposto rispetto alla cattedrale ortodossa serba. 
In pochi passi siamo al giro di boa del nostro itinerario: la Revolution Memorial Association. La struttura è quasi del tutto abbandonata, tanto da farci pensare di aver sbagliato in qualche modo strada. In nostro soccorso arriva un signore che ci invita ad entrare chiedendoci "visita?". L'edificio è una caserma completamente in rovina, le pareti sono incrostate di muffa e l'aria fitta di polvere è quasi irrespirabile. Veniamo guidati fino ad una saletta con qualche sedia rivolta ad un grosso televisore. Non senza difficoltà, il nostro nuovo amico fa partire un documentario di circa mezz'ora sulla rivolta dell'89, fortunatamente con sottotitoli in italiano. 
Al termine della riproduzione veniamo condotti al piano superiore, dove un altro signore, molto più anziano, ci chiede in italiano un'offerta in denaro per la ristrutturazione dei locali che tutto sommato siamo felici di lasciargli. Concludiamo il giro per le altre stanze, piene di foto, divise militari e bandiere romene"bucate", ossia private della stella rossa sovietica che campeggiava al centro delle stesse sotto Ceausescu. 
All'uscita ci intratteniamo qualche minuto con un cagnolone legato lì fuori che, oltre ad avere una voglia matta di giocare, ha anche degli incredibili occhi neri cerchiati di bianco.
Cominciamo quindi la strada di ritorno verso la Piazza della Vittoria passando per quel che rimane delle antiche mura del bastione. 
Nei pressi del parco cittadino troviamo anche di che nutrirci e consumiamo un sostanzioso quanto economico pranzo tra gli sguardo affamati di decine di uccellini. 
Di nuovo in piazza, ci godiamo il "Gelato di Bruno" dove l'ennesimo fraintendimento dei prezzi non guasta il delizioso sapore del dolce che ci siamo viziosamente concessi.  Proseguiamo fino al parco centrale al centro del quale il prato retrocede per lasciare un lungo spazio a tavoli da gioco dove bande di arzilli anziani si sfidano a scacchi, backgammon e domino. Assistiamo ammirati ad un paio di sfide tra due vecchietti, insieme a qualche altro tifoso tra cui spicca il sosia di Califano. È così bello che quasi ci scappa una lacrima, se non fosse che noi "nun piagnemo per un omo che more.."
Il sole comincia a scendere e ci affrettiamo a ritirare gli zaini per non abusare della gentilezza dei gestori dell'ostello in cui li abbiamo lasciati. 
In piazza assistiamo ad un paio di esibizioni di acrobati catalani, apertura ad una serie di performance musicali. 
Torniamo in stazione seguendo lo stradone, ma voltare le spalle a quella meraviglia ci è costato più del previsto. 
La direzione è Budapest, ma il percorso ce lo siamo costruito noi. Il che significa arrivare in una bizzarra cittadina romena, Deva, in piena notte per rimanerci un paio d'ore in attesa del treno per la capitale ungherese. È l'ultima fatica prima di tornare a godere delle meraviglie di doccia e materassi. 
Deva è uno di quei pochissimi posti dove avremmo preferito non passare, tra tossici vari e ciccioni pazzi che picchiano cani randagi (fortunatamente difesi con onore da una comitiva di locali). Fa anche freddo e il treno tarda. Resistiamo sulla banchina stringendo denti in bocca e pugni in tasca. 
Nella notte, poi, all'improvviso, dei fari, un fischio, una scritta: Budapest.



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