domenica 3 agosto 2014

Giorno 5

Skopje-Nis-Sofia, 1/2 agosto 2014
Il quinto giorno comincia con gli insulti. Andrea ha russato, come era prevedibile, tenendo sveglia gran parte della camerata, compresi Casty e Siso (costretto, quest’ultimo, a dormire con 10 ore di wave crashing dalle cuffie dell’iPhone). Proprio da loro due, infatti, vengono gli insulti ad Andrea e non dai nostri compagni di stanza fin troppo educati verso di noi.
Chiacchieriamo un po’ con alcuni di loro, in particolare con un insegnante di matematica di Istanbul e con un enorme ragazzo koreano di cui non capiamo il nome.
Giriamo Skopje seguendo le indicazioni della guida per arrivare in centro. La capitale macedone ci dà subito la sensazione di essere una città totalmente in costruzione. Edifici bianchi e imponenti costeggiano il fiume, nel cui letto vediamo numerosi cantieri, così come vediamo travi e impalcature pressoché ovunque. Superiamo due ponti costruiti nel 2012, sui cui parapetti è possibile ammirare statue in bronzo di personalità antiche e contemporanee di un qualche valore culturale e storico per la città. Un posto speciale, però, è riservato ad Alessandro Magno, celebrato insieme al suo esercito con un’enorme statua eretta al centro di una piazza.
Seguendo lo sguardo del condottiero macedone attraversiamo il ponte di pietra, arrivando in una piazza altrettanto imponente dove giganteggia la figura in bronzo di un uomo che identifichiamo con Filippo, anche se non ne troviamo conferma. La quiete del mattino è squarciata da un fastidiosissimo fischio, probabilmente necessario a tener lontano i piccioni. Ok, funziona, ma santo cielo che mal di testa!
Arrivati nella città vecchia abbandoniamo mappe e guide, lasciandoci trasportare dai profumi e dai colori di negozietti e piccoli chioschi di cibo non facilmente identificabile. Proprio in uno di questi ci fermiamo a pranzare. Mangiamo una specie di torta rustica calda e ripiena di carne macinata sorseggiando uno squisito succo d’uva. Oh sì… Il piacere del pasto viene poi esaltato dal prezzo che il proprietario ci invita a pagare: 90 dinari in totale, ossia 1,50 euro. Oh sì…
Resistiamo, per ora, alla tentazione di trasferirci qui e, accompagnati dal canto delle moschee, proseguiamo il giro della città vecchia. Saliamo sulla fortezza per goderci il panorama, ma i lavori di restauro ci ostacolano  la vista.
Andrea adesso zoppica vistosamente e il dolore, dal piede, comincia a salire verso il polpaccio. Facciamo quindi dietrofront e, nella città nuova alle spalle di Alessandro, non fatichiamo a trovare un negozio di scarpe da ginnastica in cui risolvere il problema alla radice. L’acquisto è presto fatto e…Oh sì!
Con rinnovato spirito e nuove forze, torniamo nei vicoli aldilà del fiume. Veniamo catturati di nuovo dai profumi e ci ritroviamo seduti a consumare un secondo pranzo, ancora una volta ad un prezzo ridicolo per i nostri dannati standard. Mangiamo anche una pannocchia a testa prima di fare rotta verso l’ostello per riprendere le nostre cose e la nostra strada.
Al Backpackers’ Hostel facciamo una breve sosta e, dopo aver salutato, ci incamminiamo verso la terrificante stazione fantasma di Skopje. Attendiamo sulla banchina il treno, che è in ritardo. I programmi prevedono di arrivare a Nis, in Serbia, prima di proseguire verso Sofia, la capitale bulgara.
Il tragitto fino a Nis scorre tranquillo, disturbato solo da un controllore incompetente che ci piega e scarabocchia il biglietto InterRail, scatenando in particolare l’odio di Andrea e Siso.
Una bellissima ragazza serba si affaccia per chiederci se c’erano due posti liberi e, al nostro entusiasta “sì” ci fa segno di aspettare e scompare. Passiamo i secondi che seguono a darci un contegno, si direbbe quasi a farci belli se non puzzassimo così tanto. Ecco fatto: la vediamo ricomparire con il suo fidanzato, meno bello ma altrettanto serbo, e il morale finisce tra i binari e il treno. Arriviamo a Nis col timore, presto rivelatosi infondato, di essere troppo in ritardo per poter salire sul successivo verso Sofia.
Lì per lì siamo contenti di vederlo arrivare, coi suoi accecanti fari nella notte serba e il suo incedere meccanico e prepotente. Questo prima di salirci e scoprire che trascorreremo l’intero viaggio in piedi, stipati nel corridoio dell’ultimo vagone. Per il morale è morte clinica. Ci risolleva il fatto di essere capitati vicino ad una coppia con cui poter fare due chiacchiere. Sono Max e Olga, lei kazaka e lui di Busto Arsizio (seriamente), residenti a Praga. Hanno solo qualche anno più di noi, ma dieci giorni fa si sono sposati e ora stanno compiendo un viaggio lungo un anno fino alle terre vietnamite. Abbiamo anche un altro simpatico compagno di sventure, Goran, un gigante col mono sopracciglio visibilmente attratto da Siso. Abbiamo modo di constatare che la maggior parte dei presenti porta al braccio il laccetto degli interrailers e questo ci fa sentire in qualche modo tra amici. Tutto sommato, la notte e la mattina scorrono in fretta. Siamo pur sempre giovani e forti. Unico stress sono le mille soste apparentemente immotivate, oltre a quelle per il controllo documenti alla dogana costate il viaggio ad un gruppo di francesi con qualche irregolarità nei passaporti, costrette a scendere nella terra di nessuno.
Arriviamo a Sofia insonni e con le ragnatele addosso, ma il sole è alto nel cielo e ciò ci basta.


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