venerdì 24 agosto 2012

Giorno 21


Haderslev-Flensburg-Amburgo-Monaco di Baviera, 21 agosto 2012

Il pullman delle 5:43 ci accompagna per il primo tragitto della vertiginosa discesa verso sud in programma per la giornata. Un treno, infatti, ci porta al confine con la Germania e un secondo ad Amburgo dove abbiamo solo il tempo di mangiare prima di partire verso Monaco, ultima vera tappa del nostro lungo viaggio. Ormai da tre viaggi la città bavarese si è trasformata nella nostra Mecca, troviamo sempre un modo per passarci del tempo. Arriviamo per le 17 e per la prima volta dopo parecchi giorni proviamo la quasi dimenticata sensazione di mettere piede su strade già in passato calcate. Proprio a Monaco, infatti, durante l’InterRail invernale del 2011, abbiamo trascorso la notte di capodanno vivendo probabilmente le ore più belle delle nostre vite. Le mete obbligate sono tre: il negozio di giocattoli, la libreria e l’Hofbräuhaus, la storica birreria nota ai più semplicemente come HB.
Il nostro pellegrinaggio ovviamente rispetta tutte le tappe e in men che non si dica stiamo divorando due succulenti stinchi di maiale accompagnati da grossi pretzel e annaffiati dall’originale birra bionda locale. Come è accaduto per la serata trascorsa a Savonlinna riserveremo i particolari più scabrosi a conversazioni private. Vi basti sapere che omettendo i particolari più scabrosi siamo costretti di fatto a tacere gli avvenimenti dell’intera serata.

Come al solito, comunque, Monaco e l’HB ci regalano grandi emozioni. Brindiamo alle cose più impensabili, facendo attenzione, però, a conservare un ultimo sorso.
È il brindisi finale: il viaggio è giunto al termine. Da quel brindisi in poi avremmo dovuto parlare già solo di “ritorno a casa”. Si torna alla vita di tutti i giorni e sappiamo che è la cosa giusta.
Brindiamo a noi, ma senza nostalgia e senza malinconia perché sappiamo che i nostri treni, le nostre strade, i nostri ostelli saranno qui ad aspettare di nuovo il nostro sudore, le nostre cazzate, i nostri zaini.

Andrea e Silvano.

Giorno 20


Copenaghen-Haderslev, 20 agosto 2012

Copenaghen, purtroppo, non è una di quelle città che possiamo dire di aver veramente vissuto, ma certamente possiamo dire di averla almeno “camminata” un bel po’. Le circostanze di viaggio ci portano infatti ad optare per un giro nottetempo della capitale danese. Il cielo è coperto e senza le stelle, le strade sono pressappoco vuote. Ogni tanto qualche losco figuro dall’andatura incerta ci passa accanto portandosi dietro pesanti zaffate in grado di farci sentire miracolosamente profumati. Attraversiamo la città dalla stazione centrale fino alla celebre Christiana in cui, però, visto l’orario, non osiamo entrare. Seduti in una piazza veniamo anche inaspettatamente importunati da due ragazze del posto completamente ubriache, Namya e Felizian, che più tardi ritroveremo sdraiate per strada ad urlarsi contro in preda al più profondo dei deliri. Concludiamo la lunga passeggiata tornando al punto di partenza dopo un paio d’ore. Ci sdraiamo finalmente su una banchina della stazione ad aspettare l’alba. Il sole sorge e porta con sé l’improvvisa consapevolezza che oggi è il grande giorno. La partita che avevamo deciso di vedere si gioca oggi ad Haderslev (Danimarca). Per nulla al mondo ce la saremmo persa. Un treno ci porta in poche ore alla stazione ferroviaria più vicina, Vojens. Il tragitto scorrerebbe in tranquillità, se non fosse che siamo costretti a cambiare per ben tre volte posto. Una volta arrivati dobbiamo aspettare un pullman e ne approfittiamo per mangiare qualcosa. Haderslev è una città molto piccola e modesta dove sembra regnare sovrana la pace. La prima sensazione che proviamo è il contrario di ciò che ci saremmo logicamente potuti aspettare. “Non c’è clima da partita” lamenta Il Nero. In effetti a qualche ora dal calcio c’inizio non vediamo nessuno che possa verosimilmente essere un tifoso di calcio. Niente colori della squadra, negozi tutti aperti e per giunta pieni di gente. Con netto anticipo, allora, decidiamo di recarci allo stadio per entrare in clima calcistico. Lì troviamo un vero e proprio circolo sportivo dotato di strutture per decine di sport. Stessa atmosfera del centro città..un giorno come tanti. Eppure la Superliga è l’equivalente danese della Serie A italiana! Perplessi aspettiamo l’inizio della gara. In campo la formazione di casa, il SonderjyskE, avrebbe affrontato la compagine dell’Odense nella quarta giornata di campionato. L’ingresso nella curva del SonderjyskE, che abbiamo scelto di sostenere, ci rivela un mondo che, abituati al calcio italiano, mai avremmo potuto nemmeno immaginare. La curva, comunicante con la bassa tribuna, è costituita da 7 alti gradoni e alle spalle dei tifosi una serie di chioschi vendono, oltre alle divise della squadra, panini preparati a vista su una griglia e caramelle di ogni tipo. Neanche i seggiolini della tribuna sono numerati e con l’avvicinarsi della partita vanno via via riempiendosi più di quanto ci aspettassimo. Al fischio iniziale possiamo senza dubbio dire che lo stadio fosse tutto esaurito, compresa la curva degli ospiti. “C’è tutta la città”, osserva Siso.  Ad attirare la nostra attenzione più della partita stessa, per la verità espressione di un livello calcistico decisamente basso, sono gli “ultras” del SonderjyskE. Non contano più di venti unità, attrezzati con bandiere, megafono e tamburo. Sembrano scappati da una qualche fantasiosa e originale commedia. C’è lo zoppo, il  gobbo, il nano, il baffuto, il pirata, il vecchio pazzo, la fanciulla, il lama, l’indiano, il ciccione..sono fantastici e ci aiutano a metabolizzare le enormi differenze tra le nostre concezioni di “calcio”. La loro curva sembra una sagra di paese. Bambini corrono da tutte le parti, vestiti con le più disparate divise di calcio esistenti, come durante la ricreazione a scuola. Tutti ridono e scherzano serenamente. Eppure cantano, tifano e soffrono, molte le mani nei capelli visibili al momento del doppio vantaggio dell’Odense. 

La percezione che hanno del calcio è fondamentalmente quella di un semplice gioco. Quasi inconcepibile per due malati di pallone come noi. Al termine dei 90 minuti il SonderjyskE perde 2 a 1 nonostante il talento cristallino di Quincy Antipas, centravanti classe ’84 dello Zimbabwe. Mai una gioia. Torniamo rapidamente in città per cenare, troviamo le vie così vive nel pomeriggio totalmente sgombre, a conferma del fatto che tutti gli abitanti fossero allo stadio. Mangiamo quanto possibile, per evitare di patire troppo quell’infame appetito notturno ormai ben troppo familiare.
Troviamo un approssimativo riparo dal freddo e dai moscerini vicino alla chiusa stazione dei pullman. Il nostro partirà alle 5:43. L’asfalto è di nuovo il più dolce dei materassi.

Andrea e Silvano

giovedì 23 agosto 2012

Giorno 19


Stoccolma-Copenaghen, 19 agosto 2012

La colazione, che meraviglia. Passiamo quasi due ore a mangiare. Approfittiamo anche della distrazione delle cameriere per portarci via 4 panini ben farciti per la giornata. Solo dopo esserci lavati e vestiti, ci decidiamo ad affrontare un problema che troppo a lungo abbiamo volutamente taciuto: non abbiamo corone sufficienti per tornare a Stoccolma col treno. Che fare? Le opzioni sono poche: ci avviamo a piedi, zaini in spalla. La strada è lunga, non abbiamo cartine utili. Saggiamente, decidiamo di seguire la pista ciclabile parallela ai binari. La Provvidenza, già generosa con la colazione, altre due volte ci bacia questa mattina. Prima ci fa trovare uno sgangherato carrellino arrugginito con cui riusciamo con ingegno e corda a trasportare gli zaini, alleggerendo non poco le spalle. Lo chiamiamo Ciuffo. Dopodiché, ci fa trovare il bigliettaio più buono dell’intero sistema dei trasporti scandinavi. Giunti inesorabilmente ad un punto morto della pista ciclabile, infatti, proviamo a prendere la metro sperando di poter pagare con la carta. Chiaramente, non si può, ma il baffuto bigliettaio si commuove e ci fa passare senza aver pagato, mettendoci subito in guardia che in caso di controllore sarebbero stati 1200 corone di multa a testa. Scavalchiamo i tornelli ringraziando in tutte le lingue del mondo. Di controllori neanche l’ombra. Abbiamo fottuto il sistema (per la seconda volta se si contano i panini preparati a colazione)!
In stazione ci aspetta la prima sola della giornata: le cassette di sicurezza sono tutte maledettamente occupate, e siamo condannati a girare la città con gli zaini in spalla. Quanto ci manca Ciuffo…
Stoccolma è una metropoli. La prima vera grande città che troviamo in Scandinavia. La camminiamo il più possibile, ammirandone i tetti neri, le alte costruzioni in mattoni rossi e le viuzze piene di bar e negozi del centro. 

Proprio in una di queste vie decidiamo di rifiatare un po’, comodamente seduti per terra. All’improvviso, nel vociare confuso dei passanti si distingue un chiaro accento toscano: “C’avevamo quasi rinunciato!”.
Alziamo lo sguardo increduli: Levante e Caterina!!! Le nostre strade si erano incrociate l’ultima volta a Oulu e le possibilità che ciò accadesse per la terza volta rasentavano lo zero. Invece eccoli là, belli come il sole! Finalmente procediamo con le presentazioni ufficiali, si chiamano Daniele e Giulia. Facciamo due chiacchiere come se fossimo amici di vecchia data, prima di separarci di nuovo.
Levante e Caterina... “Assurdo”, continuiamo a ripeterci, “ma bellissimo!”.
Il giro di Stoccolma si conclude relativamente presto: il nostro treno per Copenaghen parte alle 18. Saliamo su un vagone qualsiasi della seconda classe non sapendo, anche se il sospetto c’era in qualche modo venuto, che la prenotazione del posto a sedere (e quindi il pagamento di un supplemento) è in questa occasione obbligatoria e siamo costretti a pagare direttamente al controllore. La giornata si conclude con l’arrivo in nottata a Copenaghen. Per fortuna il deposito è ancora aperto e abbiamo la possibilità di liberarci dei grossi zaini.
Poi si parte: Copenaghen by night.

Andrea e Silvano

Giorno 18


Stavanger-Oslo-Stoccolma, 18 agosto 2012

Il diciottesimo giorno di viaggio è uno di quei classici giorni di transizione e continuo spostamento. Il treno da Stavanger si è inspiegabilmente fermato alle 5 del mattino, costringendoci a prendere l’ennesimo pullman. Il ritorno a Oslo è poco più che un lampo. Il tabellone della stazione ci rivela l’esistenza di un treno diretto a Stoccolma in partenza. La stanchezza scompare d’un tratto ed entrambi ci trasformiamo in centometristi olimpionici (con tanto di zaino) e riusciamo a salire in tempo. Entriamo con irruenza nel vagone, forse un po’ troppa, e Il Nero sbatte inavvertitamente la porta del vagone contro quella del vicino bagno da cui stava uscendo proprio in quell’istante un ragazzo. Se sia stata la stanchezza oppure gli odori esalati dal gabinetto a bruciare il cervello di quest’uomo non lo sappiamo, fatto sta che immediatamente comincia a urlare nella sua lingua in faccia al Nero. La cosa divertente è che, resosi conto che nessuno di noi due aveva intenzione di avere paura di lui, ci ha improvvisamente perdonati. Una magnanima testa di cazzo, non c’è che dire.
Il viaggio in treno, comunque, prosegue serenamente fino alla capitale svedese. Non sappiamo ancora dove dormire, ma, data la nostra indecente condizione igienica (l’ultima doccia risale a Narvik), cediamo alla tentazione dell’unico ostello disponibile, benché situato un po’ fuori città. Raggiungerlo è una delle 4 cose più difficili della nostra vita, ma alla fine ce la facciamo, dopo un treno e tanti piedi. La doccia è meravigliosa. I capelli del Nero tornano finalmente biondi!
Decidiamo di risparmiare sulla cena per poi goderci al mattino una colazione sontuosa. Ci addormentiamo godendoci l’ormai dimenticata sensazione di dormire in posizione orizzontale, ma solo dopo aver visto la puntata del giorno di una fiction inglese.

Andrea e Silvano

Giorno 17


Stavanger, 17 agosto 2012

Stavanger non è una città molto conosciuta al di fuori dalla terra scandinava, è un piccolo centro abitato sui fiordi della costa sud-occidentale norvegese collegato dai treni solo ed esclusivamente alla capitale. A portarci qui non è di certo il fatto che ogni volta che Il Nero nomina il posto, Siso non può fare a meno di indicare il proprio apparato riproduttivo con entrambi i palmi rivolti verso l’alto, storpiandone il nome in “ ‘sta vanga! ”. Benissimo. Ad ogni modo, si dà il caso che nei pressi di questa località apparentemente dimenticata da Dio e dagli uomini si trovi uno degli spettacoli naturali più belli d’Europa se non del mondo. Si chiama Preikestolen (roccia pulpito), è una piattaforma naturale di roccia che affaccia a strapiombo sul mare offrendo l’incredibile vista dei fiordi. È raggiungibile tramite un sentiero non facilissimo di 3 km, ma stavolta non avremo gli zaini. Andiamo con ordine, però. Arriviamo abbastanza presto a destinazione per poterci godere con calma la colazione e per poterci dare un’approssimativa lavata generale nei bagni della stazione (anche questi a pagamento). Lasciamo gli zaini nelle cassette di sicurezza e ci avviamo verso l’Info Tourist. Quello che sappiamo è che dovremo prendere un traghetto e un pullman per arrivare all’imbocco del sentiero; quello che non sappiamo è quali, quando, dove e come prenderli. È comunque un buon inizio.
All’ufficio turistico ci indirizzano verso una nave prossima a partire e ci vendono anche il biglietto valido per il pullman. Indovinate un po’? Perdiamo il primo traghetto. E anche il secondo. Il terzo nemmeno esiste. Il Preikestolen sembra destinato a rimanere un sogno. Sembra…ma non abbiamo intenzione di rinunciare. Torniamo all’ufficio e spieghiamo il problema. Improvvisamente ci sentiamo profondamente stupidi, anche più del solito. Sbagliavamo molo. La nostra nave è esattamente dall’altro lato della città e siamo ancora in tempo per prenderla. La Provvidenza non ci abbandona mai. Tutto sommato, siamo contenti così. La nostra idiozia ci ha permesso di vivere qualche ora in più Stavanger, che si rivela proprio una bella scoperta.
Il tragitto in nave dura una quarantina di minuti. Siso, ovviamente, dorme, aiutato anche dalla mascherina per gli occhi presa sul treno della notte precedente. Il pullman dura ancora meno, ma Siso dorme anche lì. Il sentiero non è eccessivamente lungo, praticamente un terzo di quello che ci ha portato a Knivskjellodden, tuttavia in alcuni punti somiglia più ad un’arrampicata che ad un’escursione. Si passa da pareti di roccia a spiazzi acquitrinosi. L’ultimo tratto sul bordo dell’alta scogliera è a dir poco pazzesco. Voltiamo l’ultimo angolo dopo due ore di cammino e quello che ci si presenta è un….è inutile provare a descriverlo con le parole: qualunque aggettivo, qualunque possibile descrizione ci sia finora venuta in mente non può essere ritenuta nemmeno lontanamente sufficiente a dipingere per voi questo spettacolo. Lasceremo che siano le immagini a venirci in soccorso, per quanto possibile.




Non sappiamo dire con esattezza quanto tempo siamo rimasti in contemplazione, non vogliamo saperlo. Il tempo l’abbiamo lasciato laggiù. Alla fine, comunque, siamo tornati sui nostri passi. Il tempo ci ha educatamente aspettato e ha addirittura fatto amicizia con la Provvidenza che veglia su di noi, permettendoci di prendere per un soffio l’ultimo pullman utile.
Il programma ora prevede di tornare a Oslo per raggiungere Stoccolma, costretti a malincuore a rinunciare ad andare Bergen, città sede del A.S. Roma Club Norvegia. Il treno che prendiamo è l’ennesimo notturno.

Nessuno di noi ha sognato quella notte, non serve farlo quando la realtà supera l’immaginazione.

Andrea e Silvano

domenica 19 agosto 2012

Giorno 16


Oslo, 16 agosto 2012

Il treno arriva puntuale nella capitale norvegese. Ci sveglia la solita voce del capotreno, resa metallica dagli altoparlanti. Gli occhi sono pesanti, ma la stanchezza lascia presto il posto all’entusiasmo. La colazione, modesta ma sufficiente, è in stazione. Decidiamo saggiamente di lasciare gli zaini nelle cassette di sicurezza e, belli alleggeriti, andiamo finalmente in esplorazione. La prima cosa che notiamo, camminando nelle vie e nei parchi, è il grande numero di statue presenti. Dedicate a personalità di ogni genere (compreso il pittore Munch), sono disseminate in tutto il reticolato cittadino, agli angoli delle strade e al centro delle piazze. Prima tappa “turistica” non può non essere la cattedrale, poco distante. Particolarmente commovente il grande cuore in ricordo delle vittime della strage di Utoya, posto nel prato appena sotto il campanile.


Seconda annotazione: Oslo è piena di mercatini di diverso genere. Dalla frutta all’usato, da simboli religiosi orientali a souvenir con i vichinghi. Ci perdiamo per un po’ tra le bancarelle, prima di fermarci a pranzare. All’improvviso, un vero e proprio miracolo sembra avvenire. Due ragazzi vestiti di verde, con enormi palloncini gonfiati ad elio dello stesso colore, ci regalano due buoni da 100 corone (circa 13 euro). “Per cosa?” chiediamo. La loro risposta, tradotta dall’inglese, è più o meno questa: “Potete spenderli in un negozio di mele qui vicino.” Fantastico! Cibo gratis! La fortuna ci bacia e, forti di questa convinzione, andiamo subito al negozio. Ecco, a questo punto ci sentiamo presi per il culo. A quanto pare, la nostra interpretazione della parola “apple” come identificativa del comune frutto del melo (quello mangiato da Eva, per intenderci) non era corretta. La fredda vetrina del posto ci sputa in faccia la verità: iPhone, iPad, iPod e Mac ovunque. Grazie mille, caro Steve!
Ci ridiamo su e ci sfottiamo un po’ da soli prima di proseguire nel nostro giro. Seguiamo una lunga strada piena di gente. Man mano che andiamo avanti, le persone diminuiscono progressivamente. Siamo evidentemente usciti dalla zona turistica. Come per incanto, ci troviamo davanti ad un negozio di rigattieri apparentemente gestito solo da donne. Che fai, non entri? Siamo entrati. Lo giriamo da capo a fondo, lasciandoci per ultima l’area dei libri. È proprio lì, infatti, che trascorriamo quasi due ore a curiosare tra gli scaffali. Ci sono molti libri in inglese ed appare subito chiaro che non usciremo da qui a mani vuote. Compriamo ben 4 libri (1 per Siso e 3 per Il Nero), ma paghiamo solo 50 corone (100 erano circa 13 euro, quindi  fate voi il calcolo…). E’ proprio pagando, tra l’altro, che Siso si innamora definitivamente della cassiera del negozio, giusto in tempo per prometterle eterno amore e per giurare che tornerà a sposarla. C’è del tenero.
Continuiamo a girare la città, accorgendoci presto di averne praticamente già visto la gran parte. In una libreria conosciamo una gentile signora che ha studiato 12 anni in Italia e che ci chiede come si pronuncia la parola “Carpaccio”, da lei scritta su un post-it. Continuiamo a camminare per la città, spinti anche dall’incredibile concentrazione di…come dire…esemplari del sesso opposto di bellezza in qualche modo superiore alla media. Gnocche, in pratica.
Ceniamo con tutta calma, prima di tornare in stazione, dove torniamo giusto in tempo per scoprire che il nostro treno notturno per Stavanger è stato cancellato. Benissimo. C’è, però, un pullman sostitutivo che ci porta per una parte di viaggio, prima di scaricarci su un treno. Chiudiamo finalmente gli occhi, una volta sui sedili, ma sulle palpebre abbiamo ancora impresse le vie di Oslo che, come poche altre città in passato hanno fatto, sono rimaste in una parte speciale della memoria.


Andrea e Silvano

Giorni 14 e 15


Narvik-Kiruna-Sundvall-Ostersund-Trondheim, 14 e 15 agosto 2012

Svegli. Ci godiamo fino all’ultimo secondo la comodità e la pace dei nostri letti. Il cellulare suona una volta ancora. In piedi. L’incredibile aspettativa della colazione pronta e calda ci dà la definitiva spinta a vivere questa nuova giornata fino in fondo. E cominciamo proprio bene, con una colazione degna di un re. Dolce e salato si mischiano in orge di cibo nelle nostre affamate fauci. Mangia questo, mangia quest’altro e alla fine il primo treno è bello che perso. Ne è valsa la pena. Con gli stomaci pieni e gli zaini in spalla percorriamo la strada fino alla stazione. C’è un secondo treno, tra poche ore, perfetto per noi. Nella sala d’attesa, presto affollatissima, prevale l’elemento italiano. Quasi per caso, a pochi minuti dalla partenza del treno, scopriamo che c’è stato un intoppo. I vagoni sono fermi a 190 km da Narvik, pare che il conducente abbia avuto un problema grave. Saliamo su un pullman sostitutivo, che ci porterà fino a Kiruna, dal treno. Il tragitto è un assoluto calvario. I posti sono occupati fino all’ultimo e la temperatura è vicina ai 50 gradi. Altolà al sudore.
In due ore siamo a destinazione. Il nostro treno ha come ultima fermata Stoccolma, il piano è scendere ad Ange (Svezia) e da lì tornare in terra norvegese (la particolare struttura delle ferrovie scandinave ci impone il ping-pong tra i due stati). L’arrivo previsto è per le ore 6 e qualcosa del mattino. Il motivo per cui non ce lo ricordiamo risiede nel simpatico fatto che dormiamo entrambi esattamente mentre il treno la sta superando. Esatto, l’abbiamo persa. La notte in treno è passata tranquilla: personaggio interessante il ragazzo seduto davanti a noi che dal suo portatile connesso a internet ha guardato una serie di film (tra cui il capolavoro Fight Club) per poi, a notte fonda (solo  Il Nero è sveglio nel vagone,) chiudersi con esso in bagno e sparire una buona mezz’ora. Una situazione quantomeno bizzarra, anche a non voler pensare male! Fatto sta che nessuno dei due riesce a svegliarsi in tempo per accorgersi della fermata. Poco male, scendiamo a quella dopo: Sundsvall.
Il primo impatto tra il Nero e la Svezia non è dei migliori: l’ingegnoso sistema di accesso ai bagni della stazione tramite pagamento via sms fa i capricci. Proviamo ripetutamente, ma invano. La colpevole porta viene quindi ripetutamente percossa dal Nero. Siso, solidale, se la ride. Aspettando il treno per Ostersund (via Ange) decidiamo di vedere una qualunque partita di calcio in un qualunque stadio prima del ritorno in Patria. L’iniziale ipotesi Norvegia-Grecia, in programma per la sera, tramonta a causa dei tempi ferroviari e ci orientiamo verso una partita di campionato danese, che si giocherà il 20, Sonderyske-Odense.
Sul treno conosciamo un ragazzo italiano che viaggia da solo, è in infradito e ama le feste in discoteca. Non proprio i nostri stessi gusti, diciamo.
Ostersund è una piccola città svedese a ridosso di un lago. Abbiamo parecchio tempo prima della prossima partenza,  e decidiamo di viverla quanto possiamo. Pranziamo con degli indecorosi ravioli in scatola e Il Nero vive un’altra disavventura con i bagni locali. Qualcuno la pagherà.
La città è piena di vita, nelle luminose vie del centro è pieno di bancarelle e i negozi sono tutti aperti. Un negozio di musica attira la nostra attenzione, e la seconda grande decisione del giorno viene presa ma, per ora, rimane un segreto. Passiamo davanti anche al fantastico Bar dello Sport, purtroppo chiuso, innamorandoci dell’atmosfera che lo circonda. Nel complesso il posto ci piace molto, e trascorriamo una piacevole giornata tra i suoi abitanti.

Si riparte, direzione Trondheim (Norvegia). Il pessimo pranzo ha lasciato un grosso vuoto e, una volta arrivati, ci affrettiamo a riempirlo con costose porzioni di pasta riscaldata, ma tutto sommato buona. Facciamo un rapido giro della città, ma tutto è già chiuso, fatta eccezione per qualche pub o discoteca. Non c’è tempo, però, di nuovo in viaggio. Finalmente verso Oslo.


Andrea e Silvano

Giorni 12 e 13


Honningsvag-Alta-Narvik, 12-13 agosto 2012

Non basta una sola notte per recuperare totalmente le forze e il risveglio, il 12 agosto, è piuttosto traumatico. Per fortuna ad aiutarci a smettere di dormire ci pensa il palestrato motociclista spagnolo nostro coinquilino che deve lavarsi i denti. Con estrema e ostinata lentezza ci prepariamo ad abbandonare la stanza. A mezzogiorno, la donna brutta della reception entra (entra!) in camera per informarci che l’ora del check-out era alle 10. Con un cordiale “Devi morire male” Il Nero, ancora infastidito dalla sua esistenza, la ringrazia della puntualizzazione. Alla fine, comunque, ci decidiamo ad abbandonare l’accogliente tepore della camera riscaldata per andare al Info Tourist, nel duplice intento di ritirare il sudato certificato che attesta di aver effettivamente raggiunto Knivskjellodden e di informarci sui pullman verso il sud, lì dove ricominciano i binari. Ci fermiamo stradafacendo per consumare un altro vomitevole pranzo con l’ultimo degli orrendi acquisti della maledetta spesa di ieri. Nota positiva la birra, davvero buona. Arrivati all’Info Tourist l’odio per la tizia dell’ostello riesce incredibilmente ad aumentare ancora. Ci aveva detto che lo sportello anche di domenica effettuava orario continuato 12-18, la zoccola. L’ingannevole quanto brutta norvegese ci ha mentito, e improvvisamente ci ritroviamo senza attestato e, soprattutto,senza la più pallida idea di come tornare verso le ferrovie. Fortunatamente, le commesse del vicino (e aperto) negozio di souvenir ci indirizzano verso la piazza del Comune di Honningsvag, da dove sarebbe partito a breve l’unico pullman utile. Attraversiamo le desolate vie della piccola città nordica e in un batter d’occhio siamo comodi sui nostri sedili. Siamo diretti verso Alta, città a sud-ovest di Honningsvag, piuttosto lontana da Capo Nord, ma non abbastanza da possedere una stazione ferroviaria. Il tragitto è lungo e impiegheremo tutto il giorno per giungere a destinazione. Arrivati lì dovremo sopravvivere un’altra fredda notte all’aperto, prima di proseguire verso Narvik.
Il viaggio scorre senza particolari avvenimenti. I panorami si susseguono maestosi, e per la maggior parte del tempo la nostra attività preferita diventa l’alzata di testa dalle pagine del libro al vetro del finestrino per poterli ammirare.
Arriviamo ad Alta per le 20 e ceniamo con del buon cibo in scatola (ancora)! La nottata si prospetta infinita, tanto vale organizzarsi. Facciamo una sapiente spesa a base di ciocoemergenze prima di sederci a leggere in un parco poco distante dal mini market. Presto ci accorgiamo dei profondi danni che “Fast and Furious” ha arrecato alla gente di questa città: ovunque si vedono macchine di improbabili colori, modificate fino all’inverosimile, che fanno più rumore di un vecchio trattore. Leggiamo finché il sole illumina le pagine, dopodiché assistiamo per la prima volta dopo molto tempo a un fenomeno ormai per noi inusuale: la notte. Non vedevamo il buio da svariati giorni. Ne approfittiamo per abbarbonarci in una stradina riparata dal vento, dietro una palestra. Scopriamo presto che purtroppo la via è piuttosto trafficata, e sono molte le persone a passare (compresa una metronotte bionda molto gentile). Il ritrovamento fortuito di un carrello abbandonato ravviva la nostra serata. Sono le 2 e decidiamo di cercare nelle aree verdi della città un buon posto per montare la nostra sempre amatissima tenda. Riponiamo gli zaini nel nostro nuovo destriero, che chiamiamo Ronzinante. In una mezz'ora scarsa di vagabondaggio riusciamo a trovare il punto adatto, in un boschetto vicino ad un parcheggio. Un’inquietante atmosfera da strage ci avvolge, come al solito. La sveglia è prestissimo e la nostra “buonanotte” coincide con l’affermazione assolutamente troppo ottimistica del Nero: “Domani mattina 5.30. Militari.”

La sveglia sembra suonare dopo nemmeno 30 secondi e,inevitabilmente, viene posticipata di un’ora. “Militari un cazzo”, verrebbe da dire. Ad ogni modo, per le 7 siamo fuori con la tenda smontata e le occhiaie praticamente nelle tasche per evitare di inciamparci.
Con il prezioso aiuto di Ronzinante torniamo alla stazione dei pullman, trovandola ovviamente chiusa. Ad un autista in servizio chiediamo qualche indicazione e scopriamo che il nostro partirà alle 11.45. Il Nero dorme ancora un po’ su una panchina, Siso gioca con il telefono. Non sapevamo a cosa stavamo andando incontro. Ve la facciamo breve, per arrivare a Narvik dobbiamo prendere 4 diversi pullman e addirittura un traghetto! Il viaggio sembra non finire mai, in fondo anche perché non succede nulla di particolare. Abbiamo il piacere di fare due chiacchiere con l’autista del primo mezzo, che ama venire a Roma per bere vino rosso a Trastevere. Il traghetto ci regala una mini-avventura dalle forti emozioni quando, per un soffio, il pullman parte senza di noi al porto di arrivo. Basta una corsetta per raggiungerlo, fermo poco lontano dalla nave, ma il brivido è stato forte…parecchio!

In serata arriviamo a Narvik, prima città dotata di stazione ferroviaria, anche se con treni diretti solo in Svezia. Il posto ci accoglie bene e al primo sguardo sembra niente male. Anche per questo non siamo particolarmente affranti quando scopriamo di doverci passare la notte. Il primo treno, infatti, parte alle 9 di mattina. Cenando, ci rendiamo conto che un’altra notte in strada ci avrebbe segato le gambe, e optiamo per la doppia più economica disponibile. Il letto è di nuovo la cosa più bella esistente al mondo. Anche la doccia non è male. Lavati e stirati ci addormentiamo in 0,6 secondi.


Due cose mantengono vive le creature: il letto e il giuoco; perché l'uno è refrigerio de le fatiche e l'altro ricreazione de i fastidi.


Andrea e Silvano

giovedì 16 agosto 2012

Giorno 11

Knivskjellodden-Honningsvag, 11 agosto 2012

La giornata comincia prestissimo: alle 4 di notte ci sveglia la tempesta. Il forte vento piega minacciosamente la tenda verso l’interno. Entra qualche spiffero, ok, ma non c’è spazio per il panico! Il Nero esce per valutare la situazione. Il mare poco lontano si infrange sugli scogli con forza dirompente, il vento trascina con velocità impressionante l’enorme mole di nuvole nere e grigie che copre tutto il cielo. Niente da fare, per ora, se non la colazione. Aspettiamo sperando che le raffiche si plachino, ma a intervalli sempre minori la tenda continua a schiacciarci fino quasi a soffocarci. Stringiamo i denti e prepariamo tutto l’equipaggiamento, per poter abbandonare la tenda in caso di necessità. Il freddo aumenta e controlliamo di nuovo. Una nebbia inquietante è scesa tutto intorno a noi. Nordkapp è avvolto in una nuvola. Aspettiamo ancora, stavolta contando le provviste che abbiamo (misura in realtà assolutamente inutile, ma fa fico). Acquazzoni di pioggia leggera vanno e vengono su di noi. La situazione è tragicomica. Ieri c’era un sole assurdo, cazzo! La prendiamo con filosofia e, quando la pioggia definitivamente si placa, decidiamo di affrontare il vento e la nebbia. Ripiegare la tenda non è mai stato così difficile. Il vento la gonfia a tal punto che Siso suggerisce di andare via volando. Le lepri fuggono davanti ai nostri occhi. L’apocalisse sembra vicina. Dopo una serie di esercizi di agilità, pazienza e forza bruta riusciamo a chiudere ‘sta maledetta tenda. Ora si torna indietro.
Una persona normale a questo punto potrebbe pensare che se all’andata la difficoltà del percorso cresceva, al ritorno debba diminuire. Cazzate. Il vento complica, ma per fortuna non impedisce, il tragitto quasi verticale sugli scogli. La pioggia ha trasformato tutto in fango, rendendo così instabili la maggior parte dei massi a terra. La discesa di ieri è oggi (com’era assolutamente prevedibile) una salita. Gli zaini tentano continuamente di farci cadere all’indietro, ma invano. Il resto del percorso è quasi tutto in salita, il fango prova a spaccarci caviglie e ginocchia ad ogni passo, rocce ingannevoli ci fanno lo sgambetto. Si va avanti, mai domi. Arrivano ancora fortissime raffiche di vento. L’acqua è finita e beviamo insieme alle renne dal vicino fiumiciattolo. Incrociamo 3 italiani che vanno in direzione opposta alla nostra e scopriamo che nel loro campeggio si parlava di noi: Gli avventurieri incrociati il giorno prima, a quanto pare, avevano raccontato di due italiani fuori di testa che hanno voluto dormire proprio a Knivskjellodden! Ci salutiamo al grido di “Viva l’Italia” e proseguiamo nelle diverse direzioni. La nebbia cala di nuovo su di noi e procediamo quasi alla cieca. Proprio quando sembra che qualcuno abbia spostato durante la notte la strada in Nicaragua, all’orizzonte si intravedono i fari di una macchina. Ce l’abbiamo fatta. Fa un freddo incredibile e dopo aver mangiato scarti di mucca in scatola cominciamo a pensare a come tornare a Honningsvag. Nel parcheggio vediamo la macchina dei tre italiani incontrati poco prima quindi, alle brutte, avremmo aspettato il loro ritorno. Nel frattempo, nel freddo gelido e avvolti dalla nebbia ci accostiamo alla strada con il pollice alzato. A un passo dalla disperazione, pieni di fango, stanchi, affamati e infreddoliti. Passano una, dieci, cento macchine. Niente. Sembrano usciti da un sogno la coppia di austriaci a bordo di una Toyota Auris che accostano. Lui si chiama Harry, diminutivo di qualcosa di complicato, il nome di lei ancora una volta ci sfugge (capiamo Svendana, ma nutriamo dei forti dubbi a riguardo) e questo è un peccato, perché lei era davvero, ma davvero bella. Che uomo fortunato, Harry. Sono molto gentili con noi, allungano un po’ per portarci a destinazione e nel tragitto ci offrono anche parecchi biscotti alla crema. Offerti da Svendana, poi, sono ancora più buoni.
A Honningsvag facciamo una spesa che si rivelerà in seguito la più idiota nella storia della spesa umana. Di fronte al supermercato compare, visione celestiale, un ostello: Guesthouse Nordkapp. Ci affrettiamo a prendere una stanza per due. Ci accoglie una ragazza talmente brutta da compensare, nel bilancio giornaliero, la bellezza austriaca. Ci dà le chiavi di una stanza che in realtà è una quadrupla divisa a metà, ma con un solo ingresso. Consumiamo un’orrenda cena, prodotto di un’orrenda spesa. Per futura memoria, a proposito, “Torske Rogn” significa “uova di merluzzo”…delicatissimo!
Già in mutande a goderci i nostri materassi, la ragazza della reception entra in camera (machecazz..) per informarci che arriverà gente nell’altra metà della stanza. Arriva poco dopo una coppia di motociclisti spagnoli. Lei parla qualcosa di italiano e dimostra di voler conversare. Presto, chissà come, capisce che non è aria. Il Nero è visibilmente avvelenato. Non con loro, ovviamente, ma con quel mostro che gestisce il posto, e le promette inestinguibile e incondizionato odio. La stanchezza, comunque, è troppa per potersi arrabbiare bene e presto sprofondiamo nel sonno. Siamo anche troppo stanchi per sognare.


Andrea e Silvano


martedì 14 agosto 2012

Giorno 10


Honningsvag-Knivskjellodden, 10 agosto 2012

Il 10 agosto comincia proprio come fanno tutti quei  giorni che saranno in qualche modo diversi dagli altri, ovvero in modo assolutamente identico a tutti i giorni ordinari e banali. Ad Honningsvag passiamo l’ennesima notte senza mai vedere un vero e proprio tramonto. Il sole, però, sembra cambiato rispetto a ieri, decisamente meno caldo. Giornata perfetta per l’avventura a lungo programmata. La colazione è volutamente spartana, l’abbigliamento quasi militare. Senza volerlo siamo vestiti in modo pressoché uguale: pantaloni da trekking neri e quella bella felpa descritta nel precedente post. Siamo determinati più che mai e nulla è in grado di fermarci. Vogliamo raggiungere il punto più settentrionale d’Europa, quello vero. La puntualizzazione, a prima vista perfettamente inutile, serve in realtà a fare un fondamentale distinguo. Esistono due “versioni” del punto in questioni, una falsa e una vera, una da turisti e una da viaggiatori. La prima è conosciuta a tutti come Nordkapp. Capo Nord (in italiano) viene venduto, per giunta a prezzi esorbitanti, ai turisti da generazioni. Un comodo e caldo pullman li scorta fino ad un parcheggio, antistante quella che altro non è se non una trappola per famiglie in vacanza, costruita per spremere il più possibile i loro portafogli. Nulla da dire circa il panorama che il promontorio di Nordkapp offre, sicuramente suggestivo, ma a noi le cose finte non sono mai piaciute. Questo infatti, non è il vero punto più a nord d’Europa. Un po’ più su e poco più ad ovest si trova il promontorio di Knivskjelloden ed ecco spiegato l’inghippo. Capo Nord è il punto più settentrionale del nostro continente che sia raggiunto da una strada asfaltata. C’è una bella differenza. Con tutto il rispetto per chi non ci capisce, a noi non piace essere presi per il culo. Sicuramente, anche solo a livello logistico, l’alto e chiuso promontorio di Nordkapp più si prestava alla trasformazione in polo turistico, vista la conformazione degli scogli Knivskjellodden, ma rimane il fatto che preferiamo i limiti imposti dal mare a quelli imposti dalle esigenze economiche (benché razionalmente comprensibili) o dalla comodità/pigrizia.
Nella migliore delle ipotesi prenderemo un pullman per Capo Nord e chiederemo all’autista di lasciarci all’inizio del sentiero per Knivskjellodden. Presto ci rendiamo conto per l’ennesima volta che la migliore delle ipotesi è anche la meno probabile a verificarsi. Il pullman costa troppo: 120 euro sono davvero un furto. Tuttavia, visto che abbiamo deciso di non farci imporre i limiti dal vil denaro ci sembra profondamente sbagliato rinunciare proprio adesso. Bastano un paio d’occhiate tra vecchi amici e la decisione è presa: autostop. Zaini in spalla, percorriamo la strada che porta fuori città fino ad arrivare al cartello fatale: Nordkapp 31 km. I pollici si alzano innumerevoli volte, Il Nero sfodera la sua migliore faccia da angelo e Siso il suo sorriso da pubblicità della Vivident. Presto costretti a spogliarci della felpa per il caldo, insistiamo ostinatamente. Una Saab 95, alla fine, accosta. Sono un ragazzo finlandese, Matti o qualcosa di simile, e una ragazza sudcoreana di cui non capiamo assolutamente il nome. Chiacchiere e domande di rito durante il breve tragitto. Fieri del nostro successo insperato, ci facciamo lasciare all’imbocco del lungo sentiero.


La strada da fare è lunga 9 kilometri. La particolarità del percorso (oltre alla costante presenza di qualche elegantissima renna)  consiste nel fatto che percorrendolo sembra presto di trovarsi all’interno di un videogioco, in cui la difficoltà aumenta gradualmente e sempre nuovi ostacoli compaiono lungo il cammino. L’inizio, infatti, è pianeggiante e, nonostante qualche sasso in cui si rischia di inciampare, privo di particolari impedimenti . Ogni tanto ci troviamo a dover attraversare dei piccoli torrenti che a valle confluiscono in laghi più o meno grandi. Lentamente i sassi sotto i nostri piedi si moltiplicano e riuscire a camminare sulla nuda terra o su una zolla d’erba diventa una sorta di raro lusso. La pianura diventa una leggera discesa e nei pressi di un piccolo specchio d’acqua decidiamo di riposarci un po’. Le zanzare, però, rompono l’incanto e ci costringono a proseguire. Il pendio diventa sempre più ripido, i sassi, ormai più grandi e scomodi, lasciano qua e là spazio a paludi e acquitrini che ci costringono a camminare nel fango.  Terminata la discesa ci fermiamo su rocce piatte e larghe, su cui mangiamo delle ottime sardine in scatola. Salutiamo un simpatico norvegese sulla cinquantina che ci supera e riposiamo un po’ le spalle, gravate dal notevole peso degli zaini. Andando avanti il cammino si fa in salita nel punto i cui gira intorno ad una collina. Voltato l’angolo, ci si presenta un terreno totalmente diverso da quello visto finora. Percorriamo una ripidissima e fangosa discesa che ci porta di nuovo al livello del mare, in una insenatura protetta a destra dal verde promontorio che abbiamo appena superato e a sinistra da un’alta parete di roccia, in più punti franata. A est, non molto lontano, scorgiamo la struttura di Capo Nord, e simbolicamente mandiamo a fanculo la civiltà. Il sentiero prosegue sui ripidi scogli ai piedi del muro di roccia bianca alla nostra sinistra. Ci arrampichiamo non senza difficoltà, rischiando più volte di cadere soprattutto a causa degli zaini. Stanchi, sporchi e doloranti ci trasciniamo sugli scogli fino a raggiungere la faccia nord del promontorio: Knivskjellodden. Siamo arrivati. Ce l’abbiamo fatta. Salendo di poco sul pendio, troviamo una zona adatta e decidiamo di piantare la tenda per la notte. La vista è incredibile. Tra noi e il polo niente. Pochi metri dietro di noi corrono renne e lepri, davanti a noi gabbiani e delfini si uniscono in un’unica grande danza che segue il ritmo incessante del mare. Ci uniamo alla danza e, sul bordo dello scoglio più vicino al polo, brindiamo alla vita, con le due birre più a nord d’Europa.


"Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!.. Perche dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiche abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente."

Andrea e Silvano 

Giorno 9

Rovaniemi-Honningsvag, 9 agosto 2012

Il nono giorno di viaggio comincia con la consapevolezza che trascorreremo tanto, davvero tanto tempo in Pullman. Vogliamo arrivare a Honningsvag (Norvegia), prima tappa dell'ultima parte della spedizione verso il nord. A colazione, coccolati dalla familiarità della proprietaria, scopriamo che l'unico pullman utile parte dopo poche ore, alle 11:45! Acceleriamo quel che basta le manovre di sgombero della stanza e, dopo aver lasciato gli zaini nel deposito dell'Ostello, ci dirigiamo in città: ci sono tre cose fondamentali da fare prima di partire.
Numero 1: la Coltelleria. Leggendo sulla guida scopriamo di un'antica fabbrica di coltelli adibita ora a museo/negozio. E che non ci vai?! Curiosiamo un po' qua e là, prima di comprare le nostre lame Marttiini, tipiche del luogo. Approfittiamo anche della possibilità di incidervi sopra una o due parole. "Siso" e "Il Nero", manco a dirlo.
Numero 2: il tourist info. Non tanto per scoprire come si comprano e quanto costano i biglietti del pullman, quanto piuttosto per comprare una maglietta per Siso, che non descriveremo per la
volontà del suddetto di tenerla come "Sorpresa di Natale".
Numero 3: spesa da sopravvivenza. Ci riforniamo il più possibile di scatolame per l'ormai prossima avventura nordica. Sardine, carne e roba indefinibile senza glutine. Dio c'aiuti.
Il pullman arriva e parte puntuale, eccoci di nuovo sulla strada. Impiegheremo circa 11 bellissime ore che passiamo perlopiù leggendo (che bravi!). Più saliamo, più il pullman si va svuotando. Alla fine rimaniamo in quattro, e non possiamo fare a meno di compatire tutte le persone scese prima di noi: dal finestrino ammiriamo panorami sempre diversi, dai verdi boschi alle montagne, dai laghi al mare. Ogni tanto qualche renna attraversa la strada senza guardare, e l'autista (un pazzo col riporto) è costretto a brusche frenate. Gli alberi d'un tratto scompaiono: è il segnale che siamo arrivati. Scendiamo con le gambe un tantino indolenzite, ma la giornata non è ancora finita. Dove dormiamo? Il campeggio libero è consentito a 150 metri minimo dal centro abitato, quindi ci arrampichiamo su un vicino pendio. Piantiamo la tenda, infine, con una vista magnifica sul mare e su Honningsvag.
Tutti a nanna ora, che domani c'è da camminare!

Verso l'infinito e oltre!

Andrea e Silvano

Giorno 8

Oulu-Rovaniemi, 8 agosto 2012

La notte in cottage trascorre meravigliosamente, nonostante la bassa temperatura, e non poteva che essere così. Ci svegliamo pieni di energia ed entusiasmo: oggi si va in Lapponia!
Colazione calda e doccia fredda, poi pronti a partire. Torniamo in città con il 17 (senza autista pazzo coi baffi, stavolta), diretti in stazione. Il meteo ci preoccupa. La giornata è ancora una volta uggiosa, il freddo ci spacca le mani e ci penetra le ossa. Decidiamo allora di entrare in un negozio che vende abbigliamento e accessori da sopravvivenza dove, senza comprare in fondo niente di che, spendiamo una fortuna. Cosa che si rivelerà più che mai utile, compriamo entrambi una felpa in grado di coprire tutto il corpo dalla vita in su eccetto gli occhi e le dita delle mani. Siso compra anche una posata incredibilmente brutta, ma molto funzionale, che è al tempo stesso forchetta, coltello e cucchiaio. Un forchiucchiello, insomma.
Così equipaggiati, continuiamo ad attraversare Oulu. Dopo la solita spesa inspiegabilmente troppo costosa (1 litro d'acqua= 2,50 fottuti euro), arriviamo in stazione. Il nostro treno è prossimo a partire e, una volta saliti, pranziamo al calduccio del vagone. 
Arriviamo a Rovaniemi nel tardo pomeriggio, più o meno verso le 18. In cielo si rivede finalmente un timido sole, ma l'aria lappone non sembra risentirne. L'ostello che abbiamo scelto per la notte è vicinissimo alla stazione, ma trovarlo è stato più difficile del previsto visto che la segnaletica pare proprio messa a ca..so. 
Arriviamo alla GuestHouse Borealis, questo il nome della struttura, dopo un buon quarto d'ora. All'improvviso la giornata, e il viaggio, sembrano prendere una piega più interessante e simpatica: Siso si rende conto di aver lasciato soldi (tutti) e documenti (tutti) in treno, all'interno di una specie di marsupio Quechua. Abbandonato il pesante zaino al Nero, comincia la sua folle corsa. Arrivato al binario da cui eravamo poco prima scesi, però, si accorge che manca qualcosa: il treno. A un passo dal collasso e dalle lacrime chiede aiuto ad una bigliettaia gentile. Una funzionaria chiamata al telefono arriva placida in soccorso accompagnandolo al deposito dei vagoni. Dopo una ricerca disperata, il marsupio viene ritrovato in bagno. Con un sorriso a 64 denti e un tutto nuovo senso di responsabilità (mai vero!), Siso torna dal Nero e la compagnia è di nuovo riunita: grandi esultanze per il ritrovamento. CAMPIONI DEL MONDO! CAMPIONI DEL MONDO! CAMPIONI DEL MONDO! Con rinnovata fiducia nell'avvenire, entriamo nell'ostello. Ci accoglie una signora che vuole imparare l'italiano, e un'inverosimile quanto accogliente atmosfera familiare ci circonda all'improvviso. Dopo un piccolo momento di incertezza, la proprietaria trova una doppia disponibile per la notte. Lasciamo gli zaini e andiamo in città. 
Rovaniemi è la residenza ufficiale di Babbo Natale e, pertanto, è giusto che sia almeno un po' surreale. Il centro, infatti, ha una fisionomia tutta particolare dovuta alla geniale idea di un architetto di ricostruire le strade, dopo i bombardamenti della guerra, sul disegno delle corna di renna. Ora, voi avete presente le corna di renna? Ecco. 
Affascinati dalla particolare forma delle strade, cerchiamo un posto per mangiare dopo esserci resi conto che tutti i maledetti negozi chiudono alle 17. Ma che cosa fa la gente quassù? Dopo un giro di ricognizione, decidiamo che sarebbe stato divertente, a 8 km dal Napapiiri (Circolo Polare Artico), mangiare in un ristorante indiano gestito da filippini. Non una brutta cena, comunque, accompagnata dalle note melanconiche di "My heart will go on".

Prima di tornare in camera, compriamo qualche birra e brindiamo in riva al lago. Brindiamo alla Finlandia, ai suoi paesaggi, alle sue stranezze e alle sue cassiere.
Questa è l'ultima notte in terra finnica: domani ci aspetta il lunghissimo pullman per Honningsvag.

"E' sotto i raggi del sole che si vede la polvere." Proverbio finlandese

Andrea e Silvano


domenica 12 agosto 2012

Giorni 6-7

Savonlinna-Parikkala-Pieksamaki-Kuopio-Kajaani-Oulu, 6-7 agosto 2012


Il risveglio a Savonlinna è di quelli belli: la dolce Heidi sta preparando la colazione per i suoi ospiti italiani! Raccattiamo le nostre cose e cerchiamo dentro di noi l'energia sufficiente a sopravvivere un altro giorno. La notte brava ci ha davvero tagliato le gambe. "La sera leoni, la mattina..."
Poco importa, caffè caldo giù per la gola e acqua fredda buttata in faccia. Siamo sempre leoni.
Decidiamo di passare anche la mattinata con Heidi e Jenna e quindi le accompagniamo nella loro scuola (hanno perso un anno) dove devono compilare dei documenti o roba del genere, ma solo dopo essersi raccomandate con noi di non dire le parolacce finlandesi che ci hanno insegnato. Quello che dovrebbe essere un liceo ci appare in realtà come una scuola materna, ma, a quanto abbiamo capito, è una sorta di istituto artistico alternativo. Perplessi, incuriositi, ma soprattutto affamati raccogliamo il loro invito a pranzare in un ristorante sedicente Italiano: "Capero". Come sempre accade c'è poco di veramente italiano (la pizza romana, secondo loro, si fa con ananas e paprika), ma tutto sommato mangiamo bene. Ci voleva.
Heidi deve andare a lavoro (a salvare altri italiani, probabilmente), quindi torniamo nel suo appartamento e, prese le ultime cose, la salutiamo con un abbraccio di gruppo. Jenna ci accompagna fino al treno e fa anche un paio di fermate con noi, sta andando a prendere il suo furetto dai genitori. Meraviglioso.
Da qui comincia un'incredibile odissea sui treni finnici. Sono le 15. Abbiamo 'perso' un giorno sulla tabella di marcia, quindi dobbiamo sacrificare Kuopio, prossima tappa: Oulu. Il primo treno, da Savonlinna ci porta a Parikkala in poco più di un'ora. Una volta lì, la Provvidenza ci assiste ancora. Una controllora, spinta sicuramente da profondo istinto materno, ci accompagna al prossimo treno. Dobbiamo scendere a Pieksamaki, dice. Seguiamo le sue istruzioni da bravi bambini e arriviamo nel tardo pomeriggio a destinazione. Pochi minuti dopo, siamo già su un altro treno, diretti a Kuopio. Per le 22 arriviamo nella città che avrebbe secondo i piani (ahahahah) ospitarci per una intera notte. Abbiamo un'ora e mezza prima che parta il prossimo. Dopo aver accidentalmente rotto una cassetta di sicurezza della stazione, ci addentriamo nelle strade alla ricerca disperata di cibo. Ancora una volta il fato ci sorride. Un supermercato Siwa appare come una divinità dopo vane peregrinazioni: chiude a mezzanotte. Ecco una grande cosa che l'InterRail ci ha insegnato: persevera anche nei momenti più drammatici che prima o poi un Siwa aperto lo trovi.
Consumiamo una stomachevole (è il caso di dirlo) cena prima di salire sul treno che ci porterà a Kajaani, ultima tappa prima di Oulu.


La raggiungiamo in un paio d'ore, già segretamente consapevoli di ciò che sarebbe successo. Il primo treno utile parte alle 6 di mattina. Pazienza, le scale della stazione chiusa sono un letto più che sufficiente. I sacchi a pelo a mo di coperta ci riparano dal freddo e le ore passano. Il risveglio è di quelli fantastici. La stazione deve aprire alle 5 e noi siamo d'intralcio. Approfittiamo della cosa, però, e ci trasferiamo all'interno, per dormire almeno un'oretta scarsa a una temperatura superiore allo zero.
Alla fine il treno arriva e l'evoluzione dei nostri letti, cominciata dalle scale e proseguita con le panchine, passa a un livello ulteriore di comfort: i sedili. Dormiamo così bene che deve svegliarci il controllore una volta arrivati. Stavamo sognando. Freschi come rose attraversiamo Oulu, diretti al Nallikari Camping. Dalla Kauppatori (piazza del mercato) una signora e una coppia ci indirizzano alla Kirkkokatu (via della chiesa) per prendere il bus 17. Piove, bene così. Il mezzo si fa attendere un pochino, ma la sorpresa che ci riserva ci ripaga dell'acqua presa: Levante e Caterina scendono alla nostra fermata!!! Possiamo solo salutarli al volo, ma è stato bellissimo. Fare i biglietti si dimostra più difficile del previsto. L'autista è il classico svitato coi baffi. Non parla inglese e ci fissa blaterando qualcosa. Ride. "Ma che cazzo ti ridi?!" sbraita Il Nero, come al solito facilmente infastidito. Probabilmente ci stava dicendo che la direzione era sbagliata, ma alla fine si convince che farci salire è la cosa giusta e prendiamo posto. Stessa identica scena del treno, ma più inquietante: ci svegliamo già al campeggio, con l'autista che farfuglia qualcosa da sotto i baffi intento, braccia conserte, a fissarci chissà da quanto tempo. Possiamo solo sperare che almeno non ci abbia fatto foto, il matto. La pioggia insistente sconsiglia di piantare la tenda e allora optiamo per un Cottage, meno economico, ma più comodo e funzionale. Dio solo sa quanto abbiamo dormito. Tanto e bene. Finalmente recuperiamo le forze e ci rilassiamo un po'.
Verso le 18, risorti definitivamente, andiamo al Cafe Shop a fare la tradizionale ciocomerenda. Cè un computer utilizzabile gratis, o meglio, il prezzo che Siso paga è l'imposizione del Diario di Facebook, cui per molto tempo era scampato. Compriamo qualcosa per la cena e andiamo nella cucina del campo. Pasta al tonno alla nostra maniera: e come va! In serata giusto il tempo di leggere qualcosa e cazzeggiare un po', poi crolliamo di nuovo.

Agli occhi di molti, i giorni descritti in questo diario sembreranno sprecati, buttati. Ci permettiamo di non essere d'accordo. Oltre ad aver potuto ammirare i panorami mozzafiato che hanno fatto da sfondo pressoché ininterrottamente ai percorsi in treno, possiamo sicuramente dire di aver vissuto davvero (e non da turisti) la Finalndia e le sue strade.



"Quando gli racconto di aver fatto tutto il viaggio in un giorno solo si meravigliano, e uno mi chiede: 'Ma così che cosa vedi?'. Una domanda che resta senza risposta perchè è retorica, e non prevede nessuna risposta, perchè è vero, cosa vedo io, perlomeno non mi nutro allo stesso modo dei turisti e mi sembra strano guardare i dépliant pubblicitari [...]. No, non è così che si conosce un paese, una forma e interpretazione della vita, quello è solo la lussuosa coperta, la sua anima si trova nei malati dell'ospedale, in chi sta al commissariato e nel pedone ansioso con cui si entra in confidenza, mentre il Rio Grande giù in fondo mostra il suo alveo turbolento. Ma tutto ciò è lungo da spiegare e non so nemmeno se verrebbe realmente compreso."
Ernesto Guevara de la Serna


Andrea e Silvano

mercoledì 8 agosto 2012

Giorno 5


Savonlinna, 5 agosto 2012

Come già avevamo appreso ad Amsterdam durante lo scorso InterRail, anche un letto striminzito e duro può diventare il migliore del mondo se è il primo su cui ti sdrai dopo svariate notti. Incredibile come ciò che diamo per scontato nella vita di ogni giorno possa trasformarsi in una sorta di raro privilegio. La notte nella Lake Star, dunque, trascorre divinamente e ci svegliamo cullati dall’ondeggio del nostro Hotel galleggiante.Approfittando della sporca cucina della nave, tentiamo di fare un caffè più o meno bevibile e, anche se il risultato non è dei migliori, abbiamo il piacere di condividerlo con Levante e Caterina.
L’idea è quella di affittare una barca e godersi una qualche spiaggetta amena. Raggiungiamo non senza difficoltà il campeggio a 6 km dal centro città, per poi scoprire con una certa delusione che affittano solo canoe, opzione per noi preclusa dall’ingombro degli zaini. Ci godiamo allora la natura passeggiando un’oretta nel bosco che circonda la struttura. Baciati dal sole e ogni tanto dalle zanzare, iniziamo presto ad avvertire i morsi della fame. Torniamo perciò sui nostri passi, ripercorrendo a ritroso la strada tra campeggio e città. Non dobbiamo camminare troppo prima di imbatterci nel “Siwa”, un dignitosissimo minimarket. Nulla di speciale: la solita spesa sociale. Al momento di pagare, facciamo due chiacchiere con la simpatica cassiera, una semplice ragazza dai capelli tinti rosso fuoco. Le classiche domande: di dove siete? dove andate? vi piace la Finlandia? Fin qui nulla di strano. Consumiamo il nostro pranzo freddo appena fuori dal negozio, e ci sdraiamo sul prato ad aspettare l’autobus 3 per tornare in città, dove il programma prevede di prendere il primo treno per Parikkala. Sotto il cielo di Savonlinna fa la sua comparsa una bizzarra figura d’uomo che ci offre una lattina di birra a testa ancor prima di presentarsi. E’ Harry, parla un inglese alcolico e dopo le domande di rito ci racconta dei suoi viaggi in Inghilterra, Germania e Italia. Onestamente, capiamo poco di quel che ci dice, ma tra un sorso e l’altro ci spiega come fare economia con le lattine di birra e come sedurre le donne finlandesi con la natura: “Nature is beautiful…after you!”
Solo la pioggia interrompe la nostra piacevole conversazione, e il nostro nuovo amico ci saluta con un “Viva l’Italia, viva Totti” prima di allontanarsi. Ci ripariamo accanto al minimarket…l’attesa ci ha fatto venire fame. E’ quella che amiamo chiamare Ciocoemergenza. Il Nero,allora, entra per comprare qualcosa da mangiare e scambia ancora qualche parola con la cassiera che mostra preoccupazione (compassione?) per il nostro incerto destino. Dopo qualche minuto, infatti, in pieno delirio crocerossino esce per offrirci asilo per la notte. Si presenta come Heidi e ci lascia il numero di telefono in caso di necessità. Destino vuole che il ritardo dell’autobus ci faccia perdere l’ultimo treno utile. Sconsolati, ma dopo tutto incuriositi dalla situazione, torniamo da Heidi, accettando la sua generosa offerta. Aspettiamo buoni buoni le 18 ora in cui, alla fine del suo turno, il padre la viene a prendere. L’uomo, di nome Markku, non si fa attendere molto. Lui sa che dormiremo a casa di sua figlia e, non conoscendo l’inglese, ci invita a fare i bravi con un semplice quanto spaventoso sguardo. Heidi vive con un’amica, Jenna, nel centro di Savonlinna in un piccolo quanto incasinato appartamento. Scopriamo anche che è il suo diciannovesimo compleanno e, ovviamente, siamo ben contenti di festeggiarlo con lei e le sue amiche. Abbiamo modo di conoscere meglio l’atmosfera finlandese. Ci fa sentire un po’ di musica tradizionale locale e notiamo che casa sua, come tutto il resto del paese, brulica di Mumin, bizzarri personaggi dell’opera di Tove Jansson: tipo la Dante Alighieri scandinava. Tanto per non farsi mancare nulla, Heidi ha due Cincillà: Prince e Cookies.

In serata arrivano Minna (sul serio, si chiama davvero così) ed Elli, tra le poche amiche della festeggiata rimaste in città durante le vacanze. La festa comincia nella famosa Olutravintola Sillansuu, birreria molto ben fornita. I brindisi si sprecano. Poco dopo ci raggiunge anche Hilma e la compagnia si allarga. Muoviamo dopo qualche birra all’Happy Time, locale che permette ai propri clienti di giocare a Bingo. Indovinate quanto abbiamo vinto…assolutamente niente! Nel frattempo si è unita a noi anche la coinquilina di Heidi, Jenna e il gruppo è definitivamente formato. Dopo una rapida visita a un terzo locale, torniamo a casa. Un ultimo giro viene offerto dalla festeggiata e poi tutti a nanna, dopo una giornata che nella sua atipicità è stata quella che più di tutte ci ha mostrato la vera Finlandia.

P.S. I particolari più scabrosi della serata sono riservati alle conversazioni private.



 Se non fosse per gli ospiti, ogni casa sarebbe una tomba...

Andrea e Silvano

lunedì 6 agosto 2012

Giorno 4



Lappenranta-Imatra-Savonlinna, 4 agosto 2012

Cominceremmo questo post parlando del nostro risveglio, tuttavia, ciò risulta impossibile data l’assenza di un effettivo momento definibile come tale. Lappeenranta ci ha tenuto compagnia durante la nottata proprio come faceva quel peluche che da bambino amavi tanto: a prescindere da tutto e senza chiedere nulla in cambio. I giri in bici al chiaro di luna ci hanno portato tra le imponenti statue di sabbia lungo la riva del lago, fino ai monumenti commemorativi della Battaglia dei Cappelli sull’antistante collina. Inquietante e in un certo senso traumatica la mostruosa ciminiera di una fabbrica poco lontana che, instancabile e insensibile, non ha mai smesso di ricordarci le ingombranti esigenze del mondo moderno.
Aspettiamo le 9 per restituire le biciclette. I nostri destrieri, battezzati durante la notte con i nomi di Vincenzo e Valchiria, ci hanno servito al meglio e quasi scende una lacrimuccia nel doverli abbandonare. Superato il trauma da distacco, torniamo alla stazione con una nuova consapevolezza: ogni maledetto ostello, campeggio, hotel e simili nell’intera Finalndia sembrano non avere camere libere. Deus ex machina la cassiera del bar che, aiutandoci con i numeri di telefono ci permette di prenotare un inaspettato letto per la notte. “Lake Star” non è il nome di un hotel, o di un campeggio, e nemmeno di un ostello. È un battello turistico che di giorno scarrozza avanti e indietro per il lago famiglie armate di Reflex, ma che di notte si trasforma in un insolito affittacamere, o meglio, cabine! Il programma prevede spostamento a Savonlinna con breve tappa a Imatra e, incredibilmente, lo rispettiamo. Vegetiamo quindi in stato comatoso una buona mezz’ora nella stazione di Lappeenranta e poi via, di nuovo in movimento.
Imatra una botta e via. Passiamo più tempo ad aspettare l’arrivo dell’autobus piuttosto che a mangiare. Ce ne andiamo come siamo arrivati: senza alcun sentimento (fatta eccezione per l’odio partorito durante la lunga attesa alla fermata).
Sul far della sera raggiungiamo Savonlinna, ancora ignari delle sorprese che questa città aveva in serbo per noi. La stazione affaccia direttamente sulla piazza del mercato (Kauppatori), in prossimità del porto. La nostra nave/ostello è lì, attraccata. Ci presentiamo al Mozzo Zozzo che ci mostra la nostra sistemazione: una cabina di un metro quadro con un letto a una piazza (scarsa), e un oblò all’altezza dell’acqua. Tutto ciò spacciato come “Camera Doppia”. Va benissimo!
Lasciamo gli zaini e optiamo per un rapido giro della città: tipo sopralluogo. La stanchezza accumulata e il fatto che sia domenica ci impediscono di goderci a fondo il posto. Torniamo al Lake Star in tempo per l’ultimo giro del lago, a cui decidiamo di prendere parte (gratis, cazzo). Un’oretta ben spesa tra le amene isolette che qua e là affiorano dall’acqua. Suggestivo il castello che oggi ospita l’Opera di Savonlinna.


Tornati al porto facciamo conoscenza con una coppia di italiani: toscani in InterRail. Scopriamo che i nostri itinerari si somigliano molto, ma il loro progetto di prendere un pullman per Kuopio dividerà le nostre strade. Siccome non ci presentiamo, Siso ha dato loro dei nomi ad hoc rievocando due personaggi di Pieraccioni. Levante e Caterina. Non sapremo mai come si chiamano veramente, ma brinderemo a loro!
Dopo l’ennesima cena a base di “Cheeseburger Eldorado”, economici e rivoltanti panini freddi precotti (delicatissimi…), andiamo a goderci tutto il lusso della nostra suite.


Come fanno i marinai con questa noia che li uccide, addormentati sopra un ponte, in fondo a malincuore, sognano un ritorno e smaltiscono un liquore…


Andrea e Silvano

Giorno 3

Prima di aggiornarvi sugli avvenimenti degli ultimi giorni, vogliamo scusarci per il nostro colpevole ritardo, ma si sa: l´attesa aumenta il desiderio.

Helsinki-Lappeenranta  3 Agosto 2012

La seconda notte in tenda trascorre tra i grugniti del Nero e altri piacevoli rumori animaleschi. Appena svegli ci rendiamo conto del nostro odore e, dato che la puzza risulta internazionale, decidiamo di fare la prima doccia del viaggio. Tirati a lucido come piccoli borghesi di cittá ci dirigiamo alla stazione di Helsinki intenzionati a prendere il primo treno per Lappeenranta. La giornata comincia nel migliore dei modi: all´inaugurazione di un negozio, un'anziana donna ci regala due tramezzini a testa: quantomeno discutibile la qualitá degli ingredienti, ma gratis é tutto piú buono. Giusto il tempo di comprare i biglietti e mangiare un gelato e saliamo sul primo treno dell´interrail: finalmente a casa! Immediatamente ci rendiamo conto che certe cose non cambieranno mai: Siso dorme, il Nero legge. In un paio d´ore siamo a destinazione. Una tranquilla cittadina sulla sponda di un lago, che merita di essere girata in bicicletta. Cogliamo al volo l´occasione e, in pieno stile InterRail, esageriamo. Lasciamo gli zaini nelle cassette di sicurezza della stazione e, affittate due biciclette, decidiamo di passare la notte per le strade di Lappeenranta. Per materasso l´asfalto, per soffitto le stelle.

Sembrava una gran bella idea... finché non siamo stati travolti dal diluvio universale! Il freddo é notevole e ci ripariamo in un cantuccio sotto la tettoia di un chiosco dei gelati. L'intera notte é come un pendolo che oscilla tra picchi di adrenalinico entusiasmo e momenti di totale sconforto. Il fascino dell´alba fa sparire occhiaie e mal di schiena.
Solo i cinici e i codardi non si svegliano all´aurora...





Andrea e Silvano

venerdì 3 agosto 2012

Giorno 2

Helsinki, 2 agosto 2012.

Riprendiamo da dove avevamo lasciato. Con passo svelto siamo arrivati in tempo alla Metro, prendendo l'ultima corsa fino al nostro campeggio. Praticamente digiuni ci siamo buttati sui sacchi a pelo come bambini a gommolandia e, dopo qualche doverosa cazzata serale, siamo crollati tra le braccia di Morfeo.
In modo abbastanza traumatico, ci rendiamo conto che alle 4.30 di notte il sole già splende. Evvai.
Continuiamo a dormire in modalità Metapod. ("Vai Siso usa rafforzatore!")
In mattinata la fame inizia a farsi sentire, ma visto che la colazione al ristorante è da borghesi ci avventuriamo alla ricerca di cibo (vestiti come ieri, chiaramente). Dopo una prima spedizione fallimentare in un piccolo, ma vicino supermercato, tipico terreno di caccia dell'uomo moderno, chiediamo informazioni per trovarne un secondo. La cattiva notizia è che è lontano, quella buona è che per arrivarci dobbiamo attraversare un bosco. Assurdo. Consumiamo finalmente la nostra colazione su una panchina senza schienale: latte e cereali serviti in bicchieri di plastica. Quanta bellezza c'è nel mondo.

Dopo una breve sosta in tenda per alleggerirci del carico superfluo, muoviamo verso Helsinki dopo aver progettato un itinerario ideale, percorribile interamente a piedi, date le ridotte dimensioni del centro. Degne di nota le due cattedrali, la luterana Tuomiokirkko e la famosa Uspenski di mattoni rossi.
Breve sosta meditativa sul molo, vento tra i capelli (per chi se lo può permettere) e odore di sale.
Approfittando di una fiera, giriamo per le bancarelle di un mercatino a Kauppatori. Continuiamo il nostro cammino fino al famoso mercatino delle pulci permanente di piazza Hietalahti, dal quale veniamo brutalmente cacciati causa imminente quanto inaspettata (sono le 17.30, maledizione) chiusura.
Gelatino scadente in un costoso fast food locale prima di avviarci di nuovo verso il campeggio. Ci riforniamo delle provviste per la cena in un vicino supermercato, rischiando l'ipotermia visti i 25 gradi sottozero del banco frigo.
Menu cena:
1. 6 uova strapazzate e 9 wurstel a tocchi con un pizzico di Curry;
2. 6 hamburger violacei con un pizzico di Curry;
3. tanta carne a pezzi con un pizzico di Curry.
Il tutto innaffiato con del buon birro nazionale.

Giusto il tempo di decidere la prossima tappa e poi di nuovo in tenda: stanchi, sporchi, ma felici.

Andrea e Silvano

mercoledì 1 agosto 2012

Giorno 1

Helsinki, 1 agosto 2012.

Viaggiare in InterRail è come fare l'amore: può passare anche una vita dall'ultima volta che lo hai fatto, ma non dimenticherai mai le sensazioni che ti dà, anche se magari serve solo un po' di riscaldamento per ritrovare il giusto movimento d'anca.

Nel viaggio in aereo nulla da segnalare: fisiologico ritardo di 40 minuti e hostess da amare. Normale amministrazione. Prima cosa che notiamo della Finlandia è il colore verde: alberi e prati ovunque con macchie grigie di civiltà. Il contrario di ciò cui siamo abituati. Bene così. Appena scesi, dopo un misero ma costoso pranzo ci rendiamo conto del fuso orario! Visti i prezzi degli ostelli scegliamo di dormire nel Rastila Camping: scelta di portafoglio quanto di cuore. Scopriamo anche che serve prendere un pullman per arrivare in città.
Avete presente quell'odiosa quanto utile pellicola di un improbabile colore verde che mettono sui bagagli? Ok. Ora unite una testa di cazzo che la toglie con un coltello Opinel e otterrete Andrea con mezza falange in meno.
Grondante sangue uno e entusiasta l'altro saliamo sul 615 per la stazione centrale. Improvvisamente, in piena autostrada avvistiamo un cartello che sembra indicare la presenza a pochi metri del campeggio. Una volta scesi nel nulla, costretti a percorrere a piedi l'autostrada, scopriamo che i pochi metri sono esattamente 12000.
Una provvidenziale quanto inverosimile fermata di autobus ci appare come un miraggio. Il miracolo si completa quando arriva il 54 guidato da Morgan Freeman. Seguendo le sue indicazioni arriviamo finalmente a destinazione. Lì ci accoglie l'ennesima dea dai capelli d'oro...
Giusto il tempo di piantare la tenda e via verso Helsinki in cerca di una felpa per Siso!
Visto il sole ancora alto, peró, non c'eravamo accorti del fatto che fossero le 21! Ripieghiamo allora su un tranquillo giro senza meta della città, per poi finire a ciucciare wi-fi in un McDonald, dove Il Nero si rifiuta di mangiare alcunché per ovvie ragioni!
La metro chiude tra 15 minuti. Ce la faremo a tornare a casa? Lo scoprirete al prossimo Wi-Fi (oppure alla prossima edizione del TG5).

Andrea e Silvano

martedì 31 luglio 2012

Travel is education. [cit.]


Non siamo due promettenti scrittori in erba: la pagina bianca che fissiamo da mezz’ora ci ha insegnato questo. Non siamo nemmeno due amabili nerd: l’ora passata a litigare con gmail ha messo a nudo tutta la nostra ignoranza e assoluta incapacità informatica.
Siamo fondamentalmente due cazzoni che hanno trovato nel viaggiare la valvola di sfogo in una vita che tra università e impegni di varia natura soffoca per buona parte dell’anno quella che ormai avvertiamo come un’esigenza: scoprire mondi e persone diverse e lontane da noi.
Mikonos? Ponza? Ibiza? No, grazie.
Il mondo vero non è quello degli hotel e delle discoteche sul mare, o meglio, non è quello che ci interessa. Ce ne freghiamo di un mondo che non ha nulla da insegnarci e che è solo la caricatura di se stesso.
Il nostro Viaggio è scomodo, stancante e poco profumato (tra treni, sudore e piedi…). Non perseguiamo di certo un bizzarro ideale pseudo ascetico; crediamo soltanto, per quello che la nostra esperienza ci ha insegnato, che per conoscere una città non basti visitare qualche museo o ballare in un paio di discoteche: bisogna viverla. Negli ostelli, nelle strade, nelle stazioni, sulle panchine, sulle rive dei fiumi.

Domani partiamo per il nostro terzo InterRail. Per la prima volta da quando viaggiamo gestiremo un’interfaccia online del nostro itinerario aggiornando, ogni volta che ne avremo la possibilità, questo blog con foto, video e post.

Inauguriamo questo spazio con una canzone che è già stata di buon auspicio per i viaggi passati.

Adesso ci divertiamo davvero, fanculo la civiltà. Petto nudo e piedi scalzi. 
Uan Ciù Tri: Stacchetto!

Andrea e Silvano