martedì 12 agosto 2014

Giorno 15

Budapest-Vienna, 11 agosto 2014


Dopo tre notti passate a zonzo sui treni d'Europa, il letto dello Judit Apartment farebbe impallidire perfino Giorgio Mastrota; tutte le sue certezze in fatto di comodità crollerebbero all'istante di fronte a un sì soave giaciglio. Prima di addormentarci la questione sveglia non è stata nemmeno sfiorata e al mattino dire che ce la prendiamo comoda è un eufemismo. Ogni minuto di sonno è prezioso, ma minuto dopo minuto è un attimo che si fanno le 10, fatidica ora del checkout. L'addetta alle pulizie, con fare deciso ma educato, ci fa notare l'ora e noi ci affrettiamo a lasciare la stanza, decisi a portare a termine il giro della città che la sera prima avevamo programmato. Depositati gli zaini nella locker room dell'ostello ci incamminiamo, con le spalle scariche e il passo svelto, verso la colazione. Andrea e Siso prendono un saccottino dal ripieno ignoto che si rivelerà poi, per la gioia del primo e la perplessità del secondo, contenere uvetta, mentre Casty opta per una torta, il tutto consumato sulle panchine del parchetto lì di fianco. Non abbiamo tutta la giornata, quindi non ci fermiamo troppo a goderci il tiepido sole del mattino, ma ci dirigiamo subito verso il Castello. Attraversiamo ancora il Ponte delle Catene e ci troviamo nella piazzetta da cui parte la funicolare per il castello. Non sono né la fila disumana, né il caldo o il prezzo del biglietto a non farci prendere minimamente in considerazione l'opzione funicolare, ma lo spirito stesso d'avventura e sacrificio che ci spinge a percorrere la nemmeno troppo faticosa salita. Arrivati in cima l'atmosfera è surreale: rivolti al panorama Danubio-città, alle nostre spalle un coro polacco in trasferta comincia ad intonare dei meravigliosi canti verosimilmente di chiesa intrattenendo noi e tutti i turisti presenti. Ci godiamo lo spettacolo a sorpresa, non solo uditivo a guardar bene alcune giovani coriste, ma presto un getto di acqua gelida di ricorda la meschinità dell'esistenza. La ricca esposizione di quadri ospitata dal castello è chiusa ai visitatori il lunedì. E' un peccato, ma fa parte del gioco. La passeggiata prosegue sotto il sole sempre più alto e caldo. Adesso la destinazione è l'ostello, dove andiamo a recuperare gli zaini prima di tornare in stazione e pranzare in attesa del nostro treno. Proprio in ostello mettiamo le mani su una serie di buoni validi per il Burger King che sembrano mandatici dal cielo. Anche stavolta, però, il dio dell'InterRail decide di colpirci, punendo con ogni probabilità la nostra ingordigia. Fraintendiamo il contenuto degli sconti e ci troviamo in un lampo con una valanga di cibo spazzatura e una ventina di euro in meno. Se questa è una sfida, allora vogliamo vincerla: il primo che smarrisce il sorriso ha perso! I minuti passano e il nostro treno è ancora un fantasma. Una incomprensibile scritta campeggia nel tabellone accanto all'orario di partenza. "Cancellato". C'è scritto "cancellato". Cambiamo programma, allora, non rassegnandoci all'avverso fato. Eliminiamo il giro a Bratislava dai nostri programmi e mettiamo Vienna nel mirino. E chi ci ferma adesso? Nessuno, nemmeno il caldo infernale del primo treno su cui saliamo. A Vienna prevediamo di passare la notte a spasso e, a darci il benvenuto chi altri poteva esserci se non Giove Pluvio in vena di scherzi? Esatto, piove e fa freddo. E per chi non si fosse mai trovato nella situazione adatta a scoprirlo, le stazioni, almeno in questa parte del mondo, a una certa ora chiudono. E' solo grazie all'ingegno di Siso e all'efficienza delle ferrovie austro-tedesche, però, che beffiamo anche il vecchio Giove Pluvio. L'idea è questa: passare la notte prendendo un treno di 5 ore fino a Monaco di Baviera e poi immediatamente un altro da lì a Vienna per un totale di 10 ore circa rubate all'asfalto e alla pioggia. Tutto chiaro, cosa potrebbe mai andare storto?


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