Copenaghen-Haderslev, 20 agosto 2012
Copenaghen, purtroppo, non è una di quelle città che
possiamo dire di aver veramente vissuto, ma certamente possiamo dire di averla
almeno “camminata” un bel po’. Le circostanze di viaggio ci portano infatti ad
optare per un giro nottetempo della capitale danese. Il cielo è coperto e senza
le stelle, le strade sono pressappoco vuote. Ogni tanto qualche losco figuro
dall’andatura incerta ci passa accanto portandosi dietro pesanti zaffate in
grado di farci sentire miracolosamente profumati. Attraversiamo la città dalla
stazione centrale fino alla celebre Christiana in cui, però, visto l’orario,
non osiamo entrare. Seduti in una piazza veniamo anche inaspettatamente
importunati da due ragazze del posto completamente ubriache, Namya e Felizian,
che più tardi ritroveremo sdraiate per strada ad urlarsi contro in preda al più
profondo dei deliri. Concludiamo la lunga passeggiata tornando al punto di
partenza dopo un paio d’ore. Ci sdraiamo finalmente su una banchina della
stazione ad aspettare l’alba. Il sole sorge e porta con sé l’improvvisa
consapevolezza che oggi è il grande giorno. La partita che avevamo deciso di
vedere si gioca oggi ad Haderslev (Danimarca). Per nulla al mondo ce la saremmo
persa. Un treno ci porta in poche ore alla stazione ferroviaria più vicina,
Vojens. Il tragitto scorrerebbe in tranquillità, se non fosse che siamo
costretti a cambiare per ben tre volte posto. Una volta arrivati dobbiamo
aspettare un pullman e ne approfittiamo per mangiare qualcosa. Haderslev è una
città molto piccola e modesta dove sembra regnare sovrana la pace. La prima
sensazione che proviamo è il contrario di ciò che ci saremmo logicamente potuti
aspettare. “Non c’è clima da partita” lamenta Il Nero. In effetti a qualche ora
dal calcio c’inizio non vediamo nessuno che possa verosimilmente essere un
tifoso di calcio. Niente colori della squadra, negozi tutti aperti e per giunta
pieni di gente. Con netto anticipo, allora, decidiamo di recarci allo stadio
per entrare in clima calcistico. Lì troviamo un vero e proprio circolo sportivo
dotato di strutture per decine di sport. Stessa atmosfera del centro città..un
giorno come tanti. Eppure la Superliga è l’equivalente danese della Serie A
italiana! Perplessi aspettiamo l’inizio della gara. In campo la formazione di
casa, il SonderjyskE, avrebbe affrontato la compagine dell’Odense nella quarta
giornata di campionato. L’ingresso nella curva del SonderjyskE, che abbiamo
scelto di sostenere, ci rivela un mondo che, abituati al calcio italiano, mai
avremmo potuto nemmeno immaginare. La curva, comunicante con la bassa tribuna,
è costituita da 7 alti gradoni e alle spalle dei tifosi una serie di chioschi vendono,
oltre alle divise della squadra, panini preparati a vista su una griglia e
caramelle di ogni tipo. Neanche i seggiolini della tribuna sono numerati e con
l’avvicinarsi della partita vanno via via riempiendosi più di quanto ci
aspettassimo. Al fischio iniziale possiamo senza dubbio dire che lo stadio
fosse tutto esaurito, compresa la curva degli ospiti. “C’è tutta la città”,
osserva Siso. Ad attirare la nostra
attenzione più della partita stessa, per la verità espressione di un livello
calcistico decisamente basso, sono gli “ultras” del SonderjyskE. Non contano
più di venti unità, attrezzati con bandiere, megafono e tamburo. Sembrano scappati
da una qualche fantasiosa e originale commedia. C’è lo zoppo, il gobbo, il nano, il baffuto, il pirata, il
vecchio pazzo, la fanciulla, il lama, l’indiano, il ciccione..sono fantastici e
ci aiutano a metabolizzare le enormi differenze tra le nostre concezioni di “calcio”.
La loro curva sembra una sagra di paese. Bambini corrono da tutte le parti,
vestiti con le più disparate divise di calcio esistenti, come durante la
ricreazione a scuola. Tutti ridono e scherzano serenamente. Eppure cantano,
tifano e soffrono, molte le mani nei capelli visibili al momento del doppio
vantaggio dell’Odense.
La percezione che hanno del calcio è fondamentalmente quella
di un semplice gioco. Quasi inconcepibile per due malati di pallone come noi. Al
termine dei 90 minuti il SonderjyskE perde 2 a 1 nonostante il talento
cristallino di Quincy Antipas, centravanti classe ’84 dello Zimbabwe. Mai una
gioia. Torniamo rapidamente in città per cenare, troviamo le vie così vive nel
pomeriggio totalmente sgombre, a conferma del fatto che tutti gli abitanti
fossero allo stadio. Mangiamo quanto possibile, per evitare di patire troppo
quell’infame appetito notturno ormai ben troppo familiare.
Troviamo un approssimativo riparo dal freddo e dai moscerini
vicino alla chiusa stazione dei pullman. Il nostro partirà alle 5:43. L’asfalto
è di nuovo il più dolce dei materassi.
Andrea e Silvano
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