Oslo, 16 agosto 2012
Il treno arriva puntuale nella capitale norvegese. Ci
sveglia la solita voce del capotreno, resa metallica dagli altoparlanti. Gli
occhi sono pesanti, ma la stanchezza lascia presto il posto all’entusiasmo. La
colazione, modesta ma sufficiente, è in stazione. Decidiamo saggiamente di
lasciare gli zaini nelle cassette di sicurezza e, belli alleggeriti, andiamo
finalmente in esplorazione. La prima cosa che notiamo, camminando nelle vie e
nei parchi, è il grande numero di statue presenti. Dedicate a personalità di
ogni genere (compreso il pittore Munch), sono disseminate in tutto il
reticolato cittadino, agli angoli delle strade e al centro delle piazze. Prima
tappa “turistica” non può non essere la cattedrale, poco distante. Particolarmente
commovente il grande cuore in ricordo delle vittime della strage di Utoya,
posto nel prato appena sotto il campanile.
Seconda annotazione: Oslo è piena di mercatini di diverso
genere. Dalla frutta all’usato, da simboli religiosi orientali a souvenir con i
vichinghi. Ci perdiamo per un po’ tra le bancarelle, prima di fermarci a
pranzare. All’improvviso, un vero e proprio miracolo sembra avvenire. Due
ragazzi vestiti di verde, con enormi palloncini gonfiati ad elio dello stesso
colore, ci regalano due buoni da 100 corone (circa 13 euro). “Per cosa?”
chiediamo. La loro risposta, tradotta dall’inglese, è più o meno questa:
“Potete spenderli in un negozio di mele qui vicino.” Fantastico! Cibo gratis!
La fortuna ci bacia e, forti di questa convinzione, andiamo subito al negozio.
Ecco, a questo punto ci sentiamo presi per il culo. A quanto pare, la nostra
interpretazione della parola “apple” come identificativa del comune frutto del
melo (quello mangiato da Eva, per intenderci) non era corretta. La fredda
vetrina del posto ci sputa in faccia la verità: iPhone, iPad, iPod e Mac ovunque.
Grazie mille, caro Steve!
Ci ridiamo su e ci sfottiamo un po’ da soli prima di
proseguire nel nostro giro. Seguiamo una lunga strada piena di gente. Man mano
che andiamo avanti, le persone diminuiscono progressivamente. Siamo
evidentemente usciti dalla zona turistica. Come per incanto, ci troviamo
davanti ad un negozio di rigattieri apparentemente gestito solo da donne. Che
fai, non entri? Siamo entrati. Lo giriamo da capo a fondo, lasciandoci per
ultima l’area dei libri. È proprio lì, infatti, che trascorriamo quasi due ore
a curiosare tra gli scaffali. Ci sono molti libri in inglese ed appare subito
chiaro che non usciremo da qui a mani vuote. Compriamo ben 4 libri (1 per Siso
e 3 per Il Nero), ma paghiamo solo 50 corone (100 erano circa 13 euro, quindi fate voi il calcolo…). E’ proprio pagando,
tra l’altro, che Siso si innamora definitivamente della cassiera del negozio,
giusto in tempo per prometterle eterno amore e per giurare che tornerà a
sposarla. C’è del tenero.
Continuiamo a girare la città, accorgendoci presto di averne
praticamente già visto la gran parte. In una libreria conosciamo una gentile
signora che ha studiato 12 anni in Italia e che ci chiede come si pronuncia la
parola “Carpaccio”, da lei scritta su un post-it. Continuiamo a camminare per
la città, spinti anche dall’incredibile concentrazione di…come dire…esemplari
del sesso opposto di bellezza in qualche modo superiore alla media. Gnocche, in
pratica.
Ceniamo con tutta calma, prima di tornare in stazione, dove
torniamo giusto in tempo per scoprire che il nostro treno notturno per
Stavanger è stato cancellato. Benissimo. C’è, però, un pullman sostitutivo che
ci porta per una parte di viaggio, prima di scaricarci su un treno. Chiudiamo
finalmente gli occhi, una volta sui sedili, ma sulle palpebre abbiamo ancora
impresse le vie di Oslo che, come poche altre città in passato hanno fatto,
sono rimaste in una parte speciale della memoria.
Andrea e Silvano
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